Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta.
Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte.
Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.
Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea.
Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008.
La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.
Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà.
L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito.
Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana!
Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.
Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo.
Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.
Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.
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Letture d’arte: Senza titolo, 1984 di Keith Haring (1958-1990)
L’uccidere, l’adulterio e la falsità sono i tre temi che emergono dal brano di Vangelo e che fanno riferimento al quinto comandamento: non uccidere; al sesto: non commettere adulterio e all’ottavo: non dire falsa testimonianza.
Gesù vuol fare chiarezza, andare al cuore del loro significato per farcene cogliere il senso più profondo. Non uccidere è certamente un invito a rispettare la vita, a non commettere omicidi, a non causare la morte fisica degli altri; in questo congesto vi possiamo collocare il tema della violenza, della guerra, dell’eutanasia e dell’aborto ma Gesù ci ricorda che c’è un’altra forma di uccisione che spesso fingiamo di ignorare ed è quella che provochiamo con le parole, con la lingua.
Proprio come sembra evocare l’opera senza titolo del 1984 dell’artista statunitense Keith Haring (1958-1990) che abbiamo già incontrato la settimana precedente.
Spesso amava non dare un titolo ai suoi lavori per consentire allo spettatore di avere una maggiore libertà di interpretazione, l’obiettivo del suo creare era quello di non realizzare un’arte elitaria riservata a pochi ma in grado di parlare a tutti, non relegata nei musei ma capace di uscire nelle strade ed è proprio per questa ragione che Haring si dedicherà anche a lavorare per strada realizzando murali.
Dalla bocca di uno scheletro verde fuoriesce una lingua-serpe che inghiotte una figura umana quasi a suggerirci, come farà Gesù citando proprio il quinto comandamento, che si può uccidere con le parole, con il linguaggio attraverso le critiche subdole, i pettegolezzi, le calunnie, le cattiverie, le parole offensive, i giudizi e le malignità.
Le armi e la violenza fisica procurano certamente del male agli altri ma anche le parole possono provocare molto dolore creando ferite profonde nell’animo umano.
Quanti omicidi, in questo senso, avvengono là dove viviamo tutte le volte che ci si sparla alle spalle, che si getta fango su qualcuno e così la lingua diventa un serpente velenoso pronto a mordere e a sputare veleno mortale contribuendo ad imbruttire il pezzetto di mondo a noi affidato.
A tal proposito mi vengono alla mente le parole di san Paolo al capitolo 12 delle lettera ai romani: "fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene… benedite e non maledite".
Noi possiamo dire bene o dire male degli altri con questo non vuol dire negare la realtà dei fatti, una persona può commettere degli errori ma con questo non abbiamo alcun diritto di identificarla e di ridurla al male che ha compiuto, il suo peccato non mi autorizza a sparlare di lei perché facendo così rovino ed uccido la sua immagine e reputazione.
Certi giudizi taglienti e commenti che facciamo sugli altri sono come bombe atomiche così come evoca il fungo esplosivo nell’opera di Haring.
Ci scandalizziamo ed indigniamo per le guerre ma ci dimentichiamo molto facilmente di quelle che scateniamo tra parenti, vicini di casa, colleghi di lavoro o appartenenti ad un gruppo.
Circa il sesto comandamento, occorre leggere con attenzione ciò che dice Gesù: "chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore".
Il problema non è guardare ma il come. Tutti abbiamo gli occhi, sono un dono prezioso, non vi è nulla di male nel vedere; lo stesso vale per i pensieri, la nostra mente ne produce una miriade ogni istante e non dobbiamo mai scandalizzarci di ciò che la nostra testa produce.
Il punto nodale sono i desideri, etimologicamente dal latino: de-sidera, mancanza delle stelle, parola che richiama a quanti nel passato seguivano le stelle per viaggiare per terra o per mare; è ciò che ti muove verso qualcosa, verso una mèta.
Il pensiero non è male e neanche il vedere, il problema può nascere quando dallo sguardo, da un emozione, da un pensiero passi all’azione cioè al desiderio. Non commettere adulterio è imparare ad essere fedeli al bene, a se stessi, alla felicità e per farlo occorre imparare a non andare dietro a qualsiasi pensiero od emozione che si affaccia.
Passiamo infine all’ottavo comandamento: non dire falsa testimonianza. Gesù suggerisce questo modo di procedere: "Sia invece il vostro parlare: "sì, sì", "no, no"; il di più viene dal Maligno"
Essere veri vuol dire imparare a chiamare le cose con il loro vero nome, spesso quando si mente lo si fa per aggirare o fuggire la realtà mentre essere sinceri è dare il giusto peso a quanto viviamo e a quanto accade.