Un Comune sciolto per 'ndrangheta; almeno otto negli ultimi 30 anni le inchieste della Dda che hanno coinvolto la Valle d'Aosta con decine di persone tra arrestati e indagati; un processo penale in corso (Geenna) scaturito da un'operazione che ha stravolto l'assetto politico e sociale delle istituzioni locali; un altro (Alibante) che coinvolge professionisti legali aostani nonché imprenditori e consulenti legati alla nostra regione; un terzo (Platinum) scaturito da pentiti le cui rivelazioni confermano la fondatezza, almeno in parte, degli altri due.
Eppure la grande maggioranza dei valdostani non percepisce il pericolo delle mafie nella nostra regione. Ha ragione chi allarma o chi smentisce?
Il primo e indispensabile dato da noi rilevato prima di iniziare questa vasta e articolata panoramica è che più della metà della popolazione della Petite Patrie conduce la propria esistenza senza preoccuparsi minimamente del fenomeno, ovvero se nulla fa per avvicinarsi al mondo della criminalità organizzata, altrettanto niente fa per informarsi e prevenire possibili pericoli di infiltrazioni e contatto. "Non mi riguarda, non ne so nulla, non mi coinvolge" è il comune sentire di queste persone.
Vi è poi un numero più ridotto di valdostani convinti che le mafie in Valle d'Aosta non abbiano mai creato problemi e che le indagini delle Forze dell'ordine siano state messe in piedi solo per giustificare e riempire report statistici di attività investigativa, con il risultato di far finire in carcere e magari condannare in terzo grado di giudizio sempre e solo persone innocenti: la cura peggio del male perché il male, in realtà, non esiste.
Infine, una componente minoritaria della comunità valdostana (in percentuale però più bassa rispetto ai 'negazionisti') è sensibile al problema 'mafie' e in particolare a quella calabrese. Dal giorno dei 16 arresti dell'operazione Geenna si sono moltiplicate in Valle le iniziative di informazione e sensibilizzazione sulla possibile infiltrazione della 'ndrangheta nella nostra regione, soprattutto da parte dell'associazione 'Libera contro le mafie'. E' stato costituito anche un 'Osservatorio regionale permanente sulla legalità e sulla criminalità organizzata e di tipo mafioso' dall'evidente scopo divulgativo e consultivo.
Però la pur diffusa e periodicamente attiva rete di iniziative ed eventi 'antimafia' non deve ingannare: le platee sono affollate di studenti (evviva, ma ce li portano ovviamente i prof) e di membri della cosiddetta 'società civile' che però potrebbero anche stare a casa o sedersi al posto degli oratori perché a loro la lectio magistralis non serve: da sempre sono attivi sul campo, sono informati e hanno le idee chiare sulla questione. La pensano convintamente in un certo modo e coltivano una esemplare passione civile. Bene, benissimo; peccato che di semplici cittadini illuminati sulla Via di Damasco, invece, se ne vedano pochissimi tra il pubblico antimafia, stanno nel palmo di una mano.
Insomma, per un'analisi ragionata, documentata, onesta e trasparente sulla presenza o meno delle mafie nella nostra regione si deve partire da questa certezza, peraltro testimoniata dalle scarse visualizzazioni registrate da tutte le testate locali sugli articoli di stampa in materia: ai valdostani l'argomento 'mafia' interessa poco, davvero poco. Il motivo è semplice: ai valdostani fa paura la mafia che uccide e in Valle d'Aosta le mafie hanno ucciso due sole volte; nel 1990 a Issogne fu assassinato Giuseppe Mirabelli, ‘ndranghetista che si trovava nella nostra regione per lavoro, coinvolto in una faida calabrese; nel 1991 a Pont-Saint-Martin fu la volta di Gaetano Neri, che si trovava in regime di confino. Poi qui le armi delle mafie non hanno più sparato. Estorsioni, rapine e traffico di droga sono problemi 'sentiti', certamente, ma raramente sono associati a possibili associazioni criminali organizzate.
La mafia dei 'colletti bianchi', degli appalti, delle elezioni regionali e comunali, quella anche se esiste fa molto, molto meno paura. Per non dire di peggio e non diciamolo. Ma la nostra analisi parte necessariamente da qui, dall'esistenza oppure no di un 'pensare mafioso' che però non tocca la carne viva, non ferisce, non mutila e non uccide corpi. Semmai coscienze.
Alla prossima puntata.