Religio et Fides | 14 maggio 2023, 07:00

Ritratto di Pietro e Mario Krohn, 1894- Albert Edelfelt (1854-1905)

Lettura d' arte domenicale a cura di don Paolo Quattrone

Ritratto di Pietro e Mario Krohn, 1894- Albert Edelfelt (1854-1905)

“Non vi lascerò orfani”, questa frase di Gesù che leggiamo nel brano di Vangelo della sesta domenica di Pasqua è rassicurante, viene a far luce su uno dei punti oscuri che tutti ci portiamo dentro: la sensazione di sentirci soli nell’affrontare le vicende della vita.

Più che sentirci figli di Dio spesso abbiamo l’impressione di essere orfani, abbandonati a noi stessi, in balìa degli eventi e di conseguenza pensiamo di dovercela sbrogliare da soli, per questo motivo ci costruiamo false sicurezze ed appigli precari per sentirci un po’ più sicuri ma prima o poi scopriamo che tutto ciò non regge e che ci vuole qualcosa di più solido, anzi di Qualcuno.

Uno dei problemi della vita spirituale è l’orfananza, una delle tentazioni che maggiormente il demonio ama insinuare in noi per farci credere che non è affatto vero che Dio è con noi e che di conseguenza è meglio che cerchiamo di cavarcela per conto nostro piuttosto che illuderci in una presenza divina. Gesù invece, durante l’ultima cena, desidera rassicurare i discepoli e per questa ragione dice loro:  “Non vi lascerò orfani”.

Lo vedranno arrestato, lapidato, crocifisso, seppellito ma non devono cedere allo scoraggiamento, non devono pensare di essere stati abbandonati perché la sua storia non finirà dentro ad un sepolcro ma con la resurrezione, Gesù infatti tornerà vivo e per questa ragione poco più avanti afferma: “Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi”. Gesù è vivo ed è presente di conseguenza non dobbiamo mai dubitare della sua vicinanza.

Orfano è chi ha perso un genitore od entrambi, indica una mancanza, un vuoto; un aspetto fondamentale della fede sta proprio nel credere che siamo figli di un Dio che non è morto o sparito nel nulla ma che è vivo e presente e non dobbiamo cercarlo chissà dove ma è molto più vicino di quanto possiamo immaginare, è dentro ciascuno di noi. Un orfano vive solo, non ha più alcun legame genitoriale, con il Signore non è così, Lui abita in noi, nella nostro intimo, siamo noi che spesso non sappiamo accorgerci della sua presenza, non ci connettiamo con la nostra profondità dove Egli dimora.

Se ogni giorno trovassimo il tempo per fermarci un momento per pregare scopriremmo con grande sorpresa e gioia che non siamo soli, che nella nostra casa c’è Qualcuno, c’è una presenza amica, amorevole che non ci fa mai sentire soli ed abbandonati a noi stessi. Al nostro fianco abbiamo un Padre che sempre ci accompagna, così come evoca con grande efficacia il dipinto, Ritratto di Pietro e Mario Krohn (1894), del pittore finlandese Albert Edelfelt (1854-1905), uno dei pochi artisti della Finlandia che riuscì ad emergere sulla scena internazionale.

Fin da giovane visse a Parigi e questo lo aiutò certamente ad allargare il suo sguardo e a far sì che si inserisse in un circuito artistico più vasto, inoltre a contribuire al suo successo sono state certamente la sua abilità tecnica e la sua versatilità come artista, si affermò come pittore di eventi storici, di paesaggi caratterizzati da uno stile impressionista e di scene tratte dalla vita reale. Vi invito a soffermarvi sull’opera che ho scelto: l’artista raffigura Pietro Krohn (un pittore e direttore di museo danese) e il figlio di profilo (Mario Krohn diverrà uno storico dell’arte danese).

Il genitore stringe a sè Mario con un abbraccio in segno di vicinanza. Dobbiamo immaginarci che ogni volta che ci mettiamo in preghiera è come se ci sedessimo accanto a Dio per farci abbracciare da Lui ed avvertire la sua presenza e prossimità. I due guardano oltre il quadro nella stessa direzione, Dio è così, non si limita a starci accanto  ma guarda verso dove guardiamo noi per aiutarci ad osservare la realtà e ciò che viviamo insieme a Lui.

Spesso guardiamo verso il futuro e ai problemi che ci affliggono come orfani che si affacciano soli sulle vicende della vita mentre al nostro fianco c’è un Dio vivo, vero e presente che sta con noi e guarda nella nostra stessa direzione.

Non sappiamo cosa stiano osservando Pietro e suo figlio Mario ma il genitore, per come è posizionato, sembra suggerirgli: “non ti preoccupare, ci sono io qui al tuo fianco!”.

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta.

Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte.

Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea.

Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito.

Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.

Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.

 

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it