Non importa quando arrivi a scoprire Dio ma ciò che conta è che prima o poi accada. E’ quanto emerge dal Vangelo: il Signore non sta a guadare quando arrivi a Lui ma ciò che importa è che succeda.
C’è chi scopre la fede e Dio da bambino, in gioventù, in età avanzata o addirittura in prossimità della morte, vivendo esperienze positive o attraverso prove e tribolazioni ma ciò che interessa al Signore è che prima o poi possiamo accorgerci di Lui.
Nel brano di Matteo salta all’occhio il senso di ingiustizia: tutti i lavoratori indipendentemente dalle ore di lavoro svolte, ricevono la stessa paga.
Il compenso possiamo interpretarlo non in senso monetario ma spirituale, è scoprire che io per Dio sono prezioso e valgo perché sono suo figlio ed è questa la chiave che ci apre ad un autentico cammino spirituale. Mi colpisce particolarmente il passaggio nel quale il padrone chiama gli ultimi operai: Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro:
“Perchè ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”.
Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”.
Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Nessuno li ha presi e perciò non si ritengono importanti, ecco perché quegli uomini se ne stavano senza far nulla, nessuno li considera e perciò restano disoccupati ma quando l’uomo li assume, anche solo per un’ora, comprendono di valere.
La chiave per aprirci alla fede è sentirci amati da Dio e abitati da Lui, questo ci fa intuire che siamo preziosi e la nostra vita acquista ancora più senso. Non importa quando facciamo questa scoperta ma ciò che conta è che prima o poi avvenga, per intuire così che non solo qualcuno è prezioso per Dio ma tutti, senza distinzione.
Dio abita in ciascuno e tutti possediamo il dono della fede cioè la capacità e la dignità per relazionarci con Lui, tutti siamo degni del suo amore, della sua salvezza e di conseguenza di entrare un giorno nel Paradiso ma non tutti lo sanno.
Nella prima lettura tratta dal libro del profeta Isaia troviamo queste parole: “Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino”. Spesso pensiamo che Dio sia chissà dove o reperibile solo per qualcuno e invece è molto più vicino di quanto immaginiamo ed è a disposizione di tutti e in più, come amo spesso ricordare, è dentro di noi, ci abita ma sovente non ci accorgiamo di questo prezioso inquilino interiore, a tal proposito vi cito una frase di san Pio da Pietrelcina di cui sabato si è celebrata la memoria: “Non vi affannate a cercare fuor di voi Dio, perché egli è dentro di voi, è con voi”. Quanto tempo, quanti anni ci vogliono per intuire che il Signore c’è, è in me e mi ama perché sono suo figlio.
Mi accade di parlare spesso con genitori e nonni che patiscono il fatto che figli e nipoti non siano sensibili alla fede e dico sovente loro che si tratta di pregare affinchè prima o poi possano scoprire la bellezza di credere, non possiamo stabilire noi quando e come ma ciò che conta è pregare con assiduità perché questo accada.
Quando penso ad artisti convertiti non posso non andare a William Congdon (1912-1998) pittore statunitense che dopo aver abbandonato li studi in legge abbraccia il mondo dell’arte sotto la guida del maestro George Demetrios che lo educherà a guardare la realtà con altri occhi. Approda all’espressionismo astratto, movimento che nasce negli USA dopo la guerra, dove ciò che conta è gettare sulla tela le emozioni e i sentimenti con grande libertà e spontaneità. Molti artisti di quella corrente si toglieranno la vita perché amareggiati dalla storia contemporanea caratterizzata dal dramma della guerra in Europa e dal folle capitalismo americano. Lo stesso Congdon, che aveva conosciuto sulla sua pelle il conflitto mondiale arruolandosi nell’American Field Service come volontario di sanità e soccorso per i feriti, resterà profondamente segnato da ciò che vedrà. Sarà il viaggiare dopo la guerra in Italia: Venezia, Roma e infine Assisi a salvarlo e a fargli scoprire che in ognuno di noi e anche nelle nostre ferite abita Dio.
'Natività' del 1965 è un‘opera dove traspare tutta la gestualità che caratterizza gli espressionisti astratti: Maria e il bambino sono entrati come un seme nel profondo della terra per portare la vita. Dio entra nel cuore dell’umanità e nel nostro intimo per prendervi fissa dimora, preghiamo perché ogni persona prima o poi scopra questa realtà magnifica.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.
Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.
Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.
Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.
Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.