Anche per la quarta domenica di Avvento cerchiamo qualche elemento che ci aiuti a cogliere che Dio è effettivamente presente nella nostra esistenza.
Nella prima lettura leggiamo del re Davide che desidera costruire una dimora per il Signore cioè per l’arca dell’Alleanza ma Dio, tramite il profeta Natan, gli rivela che sarà Lui a costruire una casa, una patria per il sovrano e il suo popolo.
Nel Vangelo vi è l’annunciazione, l’angelo Gabriele annuncia a Maria che diverrà il tempio nel quale Gesù si incarnerà e prenderà forma. Tutto questo ci conduce a una riflessione: ognuno di noi è dimora di Dio, ancor prima che in una chiesa Lui abita in ciascuno di noi. Luca narra dell’angelo che si reca dove abitava Maria, non entra in un tempio, in un luogo di culto bensì in una casa normale, quella casa siamo noi, sono io, la mia interiorità ma allo stesso tempo è il mio vissuto quotidiano, ciò che vivo nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore, nell’entusiasmo e nella fatica.
Ogni anno abbiamo bisogno di fare un po’ di Avvento e di Natale per ricordarci che siamo un edificio abitato da Gesù e così ogni singola giornata è un luogo semplice ma significativo dove risiede la sua presenza preziosa ed importante. Se Dio mi abita di conseguenza partecipa a tutto ciò che vivo, ovunque vada è con me ed è in questa ottica che vanno lette due frasi: “Sono stato con te dovunque sei andato” che troviamo nella prima lettura e: “Rallègrati, piena di grazia il Signore è con te” nel Vangelo.
Il Signore promette a Davide che sarà Lui a costruire una casa per il suo popolo e non il contrario, l’angelo entra a casa di Maria là dove si svolgeva la sua vita normale. Dio ama venire a trovarci ed incontrarci là dove siamo, dove viviamo, desidera prendere dimora in noi e nelle vicende quotidiane. Nel tempo di Avvento ho voluto riprendere un’attività che avevo sospeso nel tempo del Covid ed è la benedizione delle case, per ricordare a me stesso e alla gente che Dio non è relegato o sequestrato in una chiesa ma può incontrarci ovunque tanto più là dove abitiamo.
Si tratta di un’occasione innanzitutto per incontrare le persone là dove vivono, nel loro contesto famigliare e casalingo e in più il gesto di benedire manifesta che Dio ha a cuore ogni individuo, ogni storia, ogni famiglia, ha una parola buona e di bene per tutti, nessuno escluso, infine rivela che in ciascuno di noi dimora il bene che spesso resta nascosto o dimenticato nel cassetto e che invece deve uscire e compiersi. E’ chiaro che per poter ricevere la benedizione occorre farsi trovare in casa dal parroco e lo stesso vale con Dio, per accorgerci che Lui c’è dobbiamo come Maria farci trovare e non essere sempre in giro ad inseguire di tutto. Restiamo ogni tanto in casa cioè impariamo a restare con noi stessi e scopriremo che il Signore non è chissà dove ma è in me e con me.
Per accorgerci che Lui è davvero presente impegniamoci ogni tanto a fermarci in silenzio per ascoltare ciò che proviamo e che viviamo nel bene e nel male. Impariamo a stare in casa cioè a rimanere con noi stessi invece di fuggire sempre riempiendoci le giornate di mille impegni per non pensare e scappare dalla realtà. Casa, sono quei momenti e luoghi dove so che posso sostare per stare con me stesso e farmi trovare da Dio, ognuno di noi possiede i propri, l’importante è che ci siano.
'Il sedile alla finestra del 1901' è una tela di William Orpen (1878-1931) artista irlandese. Si distinse come pittore di guerra ritraendo numerose scene del primo conflitto mondiale per poi dedicarsi alla ritrattistica e a soggetti di intimità domestica. L’opera in questione ci presenta una donna seduta accanto ad una finestra intenta a pensare, guarda fuori ma molto probabilmente sta osservando dentro di sé; il fermarci e il silenzio sono due finestre dalle quali possiamo scrutare dentro noi stessi e accorgerci di qualcosa di meraviglioso: in me c’è la presenza di un Dio che condivide il mio vissuto; vi è del bene che a volte non so vedere; percepisco che io valgo perché nel mio profondo c’è il Signore che mi ama e che mi considera un luogo prezioso, e per questo mi abita.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.
Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.
Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.
Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.
Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.