Domenica scorsa ho sottolineato che una delle tentazioni che il demonio ama suscitare in noi è quella di farci credere che Dio non esista, che sia una favola per bambini o per gente debole. Se superiamo questo inganno e ci incamminiamo sul sentiero della fede ecco che ci viene incontro con un’ulteriore tentazione, quella che ci conduce a dubitare e a sospettare della bontà di Dio e del suo amore nei nostri confronti, facendoci credere che non sia dalla nostra parte e che di conseguenza vada temuto o evitato. A questo punto ci colleghiamo alla prima lettura dove troviamo elencati i dieci comandamenti che non sono imposizioni che il Signore ci ha donato per rovinarci l’esistenza, bensì parole preziose per aiutarci a camminare sulla via della felicità e della santità.
La bontà che ha mosso Dio nel donarci il decalogo la si deduce all’inizio del testo che solitamente si rischia di leggere con fretta e superficialità andando subito all’elenco dei comandamenti, perdendo invece di vista le premesse di tutto: In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile:…”.
Ecco perché il Signore dona al popolo d’Israele e di conseguenza a tutta l’umanità i dieci comandamenti, per aiutarci a non vivere da schiavi e da oppressi bensì da persone davvero libere e felici, al contrario di imporci pesanti fardelli e complicarci l’esistenza!
Quante volte però di fronte a quelle dieci parole sorge in noi il dubbio che siano soltanto un elenco fastidioso di divieti e il demonio fa di tutto per tenerci lontani da quelle indicazioni divine perché sa che sono per il nostro bene. A prima vista possono apparire come antipatiche imposizioni ma se le analizziamo una a una ne possiamo cogliere la bellezza, la forza e l’attualità. Non mi soffermo in questa lettura di oggi a commentare i comandamenti singolarmente però vi invito a trovare il tempo, magari durante la quaresima, per riscoprirne il fascino poichè provengono dal cuore e dall’amore che Dio ha per ciascuno di noi. Il diavolo invece fa di tutto per alimentare in noi il sospetto e farci credere che ognuno debba procurarsi la felicità come meglio crede, che la vera libertà consiste nell’ascoltare solo se stessi.
Nel brano di Vangelo, Gesù si infuria contro quanti mercanteggiavano nel tempio di Gerusalemme ma questa sua reazione non deriva, come apparentemente potrebbe sembrare, dal motivo che circolasse denaro in un luogo di culto bensì dal fatto che quelle attività dimostravano un rapporto sbagliato e deviato con Dio. Infatti in quel tempo ogni ebreo quando si recava al tempio acquistava, in base alle proprie possibilità economiche, un animale da sacrificare e questo rivelava una relazione non fondata sull’amore ma sul mercanteggiare... devo dare al Signore qualcosa affinchè mi ami e stia dalla mia parte, devo acquistarmi il suo favore e questo Gesù non può tollerarlo.
Il demonio è talmente abile che riesce a infilarsi anche nelle cose sacre e di fede per deviarle e farcele vivere in modo distorto, quante volte infatti rischiamo di impantanarci nella tentazione di credere che l’amore di Dio vada comprato a suon di preghiere e di pratiche religiose perdendo assolutamente di vista che la preghiera è un modo per stare con Lui, per attingere al suo amore e non per conquistarlo. Spesso scambiamo Dio non per un Padre bensì per un padrone da tenere buono a suon di riti e orazioni ma tutto ciò non è altro che un inganno demoniaco. L’amore di Dio è un dono; non si compra, lo si può solo accogliere o respingere. “Se non preghi Dio non ti vorrà bene”, pensieri come questo sono di ispirazione diabolica, semmai se non preghi ti perdi qualcosa di bello e perdi di vista una persona davvero importante per te.
C’è un’opera di Caravaggio (1571-1610), I bari del 1594, che si sposa perfettamente con quanto detto finora. Ci sono tre uomini, due giocano a carte, il più anziano sta confondendo uno dei due per agevolare il suo compare che sta estraendo di nascosto dal vestito alcune carte per barare. Ricordiamoci bene che Dio non bara mai con noi, semmai l’unico da temere è il diavolo mentre il Signore ha sempre a cuore il nostro bene perché ci ama davvero, non fa mai il doppio gioco perciò i suoi comandamenti sono davvero per la nostra felicità e la vita di fede non serve per conquistarci il suo amore bensì per beneficiarne.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.
Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.
Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.
Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.
Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.