Themis e Metis | 21 aprile 2024, 18:15

Dalla magistratura di Torino un segnale confortante, 'manifestare dissenso è un diritto costituzionale'

Dalla magistratura di Torino un segnale confortante, 'manifestare dissenso è un diritto costituzionale'

Il rapporto tra le manifestazioni pacifiche di dissenso e le reazioni delle autorità di pubblica sicurezza indica il livello di libertà esistente in un Paese.

Come è stato rilevato da sociologi, avvocati ed esperti di diritto, questo rapporto sta manifestando aspetti piuttosto inquietanti (vedi le manifestazioni degli studenti a Pisa) proprio in materia di contrasto alle iniziative di dissenso da parte soprattutto degli attivisti climatici e dei sostenitori del 'cessate il fuoco' in Palestina, così com'era accaduto nei confronti di alcune manifestazioni non violente di pubblico dissenso al green pass nel 2021.

E' sufficiente scorrere le cronache degli ultimi mesi per leggervi di numerosi interventi repressivi, seguiti da denunce penali e misure di prevenzione in risposta a manifestazioni pacifiche per il clima o per la pace.

Una sempre più larga parte di magistratura, però, sta prendendo le distanze dal tentativo di criminalizzare il dissenso non violento: è accaduto a Torino che alcuni magistrati siano recentemente intervenuti rispetto a una denuncia inoltrata dalla Questura per le ipotesi di reati di violenza privata, invasione di terreni o edifici e inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità - e sporta nei confronti di alcuni esponenti di Extinction Rebellion e Fridays for Future (Movimenti soprattutto di giovani che fanno della non violenza un aspetto essenziale delle loro forme di protesta).

Alcuni attivisti nel novembre 2023 erano saliti sul tetto dell’Oval del Lingotto, dove si stava svolgendo l’Aerospace and Defence Meeting, per esporre uno striscione dal titolo 'Qui si finanzia guerra e crisi climatica'.

Ebbene, la Procura della Repubblica di Torino ha chiesto e ottenuto l’archiviazione del procedimento, "evidenziando, laddove ce ne fosse ancora bisogno - si legge su La Voce dell'Agorà, periodico di attualità, informazione e aggiornamento dei Palazzi di Giustizia del Piemonte - come il dissenso pacifico rientri nei diritti costituzionalmente garantiti di libertà di riunione e di libera manifestazione del pensiero".

I reati ipotizzati dalla polizia sono stati "analiticamente analizzati" dai magistrati "per giungere alla conclusione che nelle condotte poste in essere dai manifestanti nulla di penalmente rilevante fosse rilevabile".

Per quanto riguarda il reato di violenza privata è stato affermato che “né dalla visione delle immagini acquisite in atti, né dalle annotazioni di PG emergono condotte esplicitamente o implicitamente minacciose o violente”; mentre rispetto alla presenza dei manifestanti sul tetto dell’Oval del Lingotto, condotta per la quale era stato ipotizzato il reato di invasione di terreni o edifici, è stata sottolineata l’assenza dell’elemento soggettivo previsto per tale reato (il dolo), in quanto “in nessun modo (può) qualificarsi tale l’intento di ottenere visibilità a un pubblico cittadino qualificato (partecipanti ad un meeting che si desiderava criticare) per un periodo limitato e circoscritto”.

Infine, neppure il reato di inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità è stato ritenuto integrato “essendo evidente che, nell’esercizio del fondamentale diritto di manifestazione del pensiero, i manifestanti non hanno risposto immediatamente all’invito della Polizia a desistere ma hanno tardato un paio d’ore, in modo da essere sicuri che il loro pensiero fosse colto dai destinatari”.

Il pericolo della violazione di diritti costituzionalmente garantiti "appare però ancora più evidente su di un altro versante - si legge ancora su La Voce dell'Agorà - rappresentato dall’indiscriminato uso di misure di prevenzione personali, come il foglio di via obbligatorio da un Comune, applicabili direttamente dall’Autorità amministrativa. In diverse circostanze, infatti, pur a fronte di manifestazioni non violente, sono stati adottati da più di una Questura provvedimenti di questo tipo, incidenti sulla futura libertà di movimento, di riunione e, dunque, di espressione del pensiero dissenziente. Si tratta, all’evidenza, di un’applicazione distorta di un istituto nato per contrastare fenomeni di ben altra natura (essenzialmente di stampo mafioso) e che richiederebbe in ogni caso un profilo di pericolosità sociale in capo ai destinatari, che si fa davvero fatica a riscontrare negli attivisti climatici". Per i professionisti del Foro piemontese critici rispetto a tale dispositivi si tratta "di un modo 'semplice' per reprimere il dissenso, ma che suscita notevoli preoccupazioni, in quanto, tra l’altro, il controllo giurisdizionale può trovare spazio soltanto in un secondo momento, vale a dire dopo che la libertà del singolo è già stata limitata se non compressa".

Pertanto, "gli attivisti climatici (e più in generale i protestatari per le guerre nel mondo e contro ogni palese violazione costituzionale ndr) potranno essere ritenuti da taluno personaggi scomodi, come nel dopoguerra lo fu Danilo Dolci, ma il dissenso è elemento fondante delle democrazie e non può essere represso se non sfocia in atti effettivamente eversivi o delittuosi".

pa.ga.