Nel racconto dell’ascensione secondo Marco, Gesù si rivolge agli apostoli con queste parole: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura” e poche righe dopo leggiamo: “Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”.
Gesù si è fatto uomo, è morto, è risorto e infine è asceso al cielo per rivelare che Lui desidera davvero essere ovunque.Non può limitarsi a stare in un luogo e soltanto con il gruppo degli apostoli e questo a ricordarci che il Dio nel quale crediamo non è sedentario e statico ma sempre in movimento per farsi presente dappertutto. Se essere cristiani significa seguire Cristo allora non possiamo essere persone statiche bensì pronte a mettersi in viaggio, non frenetiche ma sempre disposte a camminare. Se il Dio nel quale crediamo è sempre in movimento lo dobbiamo essere anche noi facendo nostro l’invito che Gesù rivolge agli apostoli prima di ascendere al cielo: “Andate!” . Cosa vuol dire nel concreto? “Andate” è innanzitutto comprendere che la fede non è statica, non è un rifugio per fuggire la realtà ma è stare dentro la concretezza della vita insieme a Cristo. Il cristiano non viaggia sulle nuvole, non celebra riti per scappare dalle brutture del mondo ma prega e compie azioni liturgiche per cercare di percorrere il reale camminando insieme a Dio. “Andate” è ricordarci che la fede è un’avventura affascinante ma anche impegnativa. Ciò che viviamo e che vediamo attorno a noi spesso ci mette alla prova, ci interroga e allora occorre farsi domande, confrontarsi, approfondire, formarsi, mettersi in discussione, leggere, visitare luoghi di spiritualità, incontrare altre realtà, farsi accompagnare nel cammino di fede da qualcuno altrimenti è un attimo ritrovarsi seduti, spenti, convinti di sapere già tutto su Dio, chiusi nel tradizionalismo più sterile o nella routine dove impera lo slogan: “si è sempre fatto così!”. “Andate” è amare, è uscire da noi stessi per offrire ciò che di prezioso possediamo. Io sto andando o sono rintanato nel mio guscio, stravaccato sul divano, rifugiato nelle mie zone di comfort?
Come abbiamo visto domenica scorsa, guardando alla figura di san Pietro, ciascuno dev’essere cosciente dei propri limiti ma allo stesso tempo riconoscere i doni che possiede per donarli. Esco da me stesso o sono prigioniero del mio io, dei miei bisogni e delle mie priorità? Ognuno possiede energie e risorse che se tratteniamo non vanno in circolo e dunque non servono a nessuno, non rendono felici né noi stessi né gli altri. “Andate” è non mettere steccati, non porre limiti a noi e agli altri incasellando persone e situazioni; è non emettere troppo in fretta sentenze sugli altri restando, è rimanere aperti e fiduciosi che ogni individuo è amato da Dio e ha in sé del bene che può germogliare. “Andate” è seguire Cristo con fiducia perché ci sa sempre stupire anche se subito non sappiamo dove voglia condurci. E' quella sana follia che hanno avuto gli apostoli quando quel Maestro sconosciuto li ha chiamati e lo hanno seguito senza sapere dove li avrebbe condotti. E’ non voler avere tutto sotto controllo, positivo è pensare e progettare, ma allo stesso tempo si tratta di lasciarci ispirare, smuovere e guidare dallo Spirito Santo, farci portare, essere aperti ai cambiamenti, agli imprevisti che sovente non sono un intralcio bensì’ occasioni preziose per farci due domande, per cambiare prospettiva sulla vita, opportunità per intraprendere nuovi percorsi.
Siamo in periodo di Giro d’Italia e sulla scia di questo evento sportivo che attraversa il nostro paese vi propongo il quadro intitolato Ciclista (1926) realizzato da Enzo Benedetto (1905-1993), pittore ma anche scultore, scenografo, poeta, giornalista, grafico pubblicitario e avvocato. Sarà continuatore del futurismo e dei suoi temi principali quali lo slancio dell’uomo verso la modernità, l’esaltazione della tecnica e della velocità. L’opera in questione ritrae un ciclista avvolto da colori e forme geometriche che evocano un’energia vigorosa. Gesù ascendendo al cielo invita gli apostoli ma anche noi ad andare pedalando insieme a Lui per affrontare la vita con dinamismo e slancio.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.
Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.
Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.
Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.
Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.