Religio et Fides | 30 giugno 2024, 07:00

'Please Do Not Disturb', 1967; Emanuel Radnitzky (Man Ray) 1890-1976

Lettura d'arte domenicale a cura di don Paolo Quattrone

'Please Do Not Disturb', 1967; Emanuel Radnitzky (Man Ray) 1890-1976

"Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi."

Sono le parole che troviamo all’inizio della prima lettura tratta dal libro della Sapienza. Esse ci rincuorano perché ricordano che il male non proviene da Dio come a volte possiamo pensare tanto più quando viviamo momenti critici e si ha la netta sensazione che ci abbia dimenticati o peggio puniti e viene spontaneo esclamare: “Ma che male ho fatto per meritare questo?”.

La morte e il male nelle loro disparate forme esistono, spesso dipendono da scelte sbagliate dell’uomo altre volte non hanno spiegazione e per questa ragione riteniamo che ne sia Dio il responsabile. In più quando siamo nella prova si aggiungono due sofferenze: un senso di abbandono e l’impressione che non vi sarà mai una fine né una via d’uscita. I due miracoli descritti nel Vangelo hanno qualcosa in comune: la vita che sembra sfuggire e svanire. Un padre Giairo, si getta ai piedi di Gesù e lo supplica di guarire la figlia che sta morendo e Lui la salva; una donna che da anni soffriva di perdite di sangue decide di toccare di nascosto il mantello di Gesù guarendo. Accostarci a Cristo ci restituisce vita. Mi colpisce un particolare che l’evangelista sottolinea quando racconta della guarigione della donna: subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. Il sangue rappresenta la vita, perderlo simboleggia la nostra esistenza che si perde in rivoli inutili o peggio non sani, si dissipa, si consuma malamente, prende una direzione sbagliata, negativa, non è generativa o peggio distruttiva ma dobbiamo sapere che questo ciclo si può interrompere se ci accostiamo a Dio, se ritorniamo a Lui. La bambina di Giairo è in fin di vita e poco dopo muore, quante volte siamo morti dentro, spenti, depressi, delusi,  atterrati ma se ci accostiamo a Dio la vita può ripartire, ci si rialza, ci si incammina su nuove strade, si ritrova un senso e una direzione.

Un ulteriore elemento a mio avviso accomuna i due episodi: la donna non vuole disturbare Gesù e decide di toccare il suo mantello di nascosto mentre quando dalla casa di Giairo vengono ad avvisarlo che la figlia è deceduta la gente gli dice: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”. Quante volte pensiamo di essere arrivati al capolinea a tal punto da non dover disturbare Dio e ci riteniamo indegni credendo che sia inutile scomodarlo. Altre volte lo riteniamo responsabile di ciò che stiamo vivendo e perciò è meglio lasciarlo stare. Gesù risponde così a Giairo: “Non temere, soltanto abbi fede!” e alla donna: “Figlia, la tua fede ti ha salvata”. I due miracoli non devono spingerci alla ricerca dell’evento straordinario, di soluzioni facili, di una fede magica, ma ci fanno capire che quando, per mille ragioni, avvertiamo il peso del male, se ci accostiamo a Dio in noi torna a scorrere la vita, la salvezza, la gioia, la pace, il perdono. Quando siamo nella prova, nella malattia, nella disperazione, nel lutto, in piena crisi e non sappiamo da che parte andare non facciamoci prendere dal panico, peggio dallo sconforto o dalla rabbia verso Dio anche se in un primo momento può anche essere comprensibile e non cadiamo nella tentazione di pensare che il Signore non vada disturbato perché occupato in questioni più urgenti o perché non siamo degni del suo sguardo. Dio lo si può e lo si deve disturbare e scomodare a tutte le ore, qualsiasi cosa stia vivendo senza alcuna soggezione, Lui è sempre reperibile e disponibile, dobbiamo solo interpellarlo.

Please Do Not Disturb (1967) è un’opera del poliedrico Emanuel Radnitzky (1890-1976), meglio conosciuto come Man Ray, americano di origine ebraica spesso collocato nell’area dadaista e surrealista. Egli riteneva che l’artista dovesse esprimere liberamente la propria immaginazione affermando che: “Per comunicare ciò che sento uso il mezzo più adatto per esprimere quell’idea”.

L’opera in questione è costituita da una lastra di metallo dove vi sono attaccate alcune pedine, forse calamite, che tengono un filo e un’altra che regge un cartello che dice di non disturbare.

A volte possiamo cedere alle tentazione di sentirci come pedine, lasciati in balìa di noi stessi, del caso e degli eventi dove Dio è Qualcuno da non importunare, uno spettatore o peggio nascosto dietro a un muro invalicabile invece Lui va avvicinato, disturbato e coinvolto e solo così scopriremo che c’è e che non esiste situazione dalla quale non ci possa risollevare e riportare in vita.   

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.

Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.

Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it