Cultura | 30 luglio 2024, 10:25

La cucina futurista: una fertile frattura nella storia della gastronomia

La cucina futurista: una fertile frattura nella storia della gastronomia

“La rivoluzione cucinaria futurista si propone di modificare radicalmente l’alimentazione della nostra razza, fortificandola, dinamizzandola e spiritualizzandola con nuovissime vivande in cui l’esperienza, l’intelligenza e la fantasia sostituiscano economicamente la quantità, la banalità, la ripetizione e il costo”. Così afferma Marinetti all’inizio degli anni ’30 nel lanciare una nuova “arte di alimentarsi” che ancora oggi sorprende per l’originalità e attualità delle proposte.

Il fondatore del movimento futurista durante la grande crisi economica mondiale suggerisce la fantasia e l’improvvisazione in cucina come controveleni ottimisti. Mosso da un’ansia di modernizzazione, Marinetti sogna un’umanità snella fatta per leggerissimi treni di alluminio che sostituiranno quelli attuali pesanti, fatti di ferro, legno e acciaio, immagina per questo un nutrimento adatto ad una vita sempre più aerea e veloce, prelude persino al cibo sintetico in pillole degli astronauti! Primo passo: abolizione della pastasciutta, considerata troppo pesante per il ritmo della vita moderna. Al suo posto suggerisce il riso.

Al di là delle provocazioni e delle soluzioni, più o meno utopistiche, contenute nel titolo Manifesto della Cucina Futurista (1930) e nel volume di ricette curato da Marinetti con il pittore Fillia nel 1932, il messaggio culinario futurista supera l’estetica autarchica e nazionalistica con cui sono espressi mentre offre validi suggerimenti sul piano dell’igiene alimentare, dell’estetica e dell’alimentazione.

L’Avanguardia, quando è autentica, parla un linguaggio universale e cosmopolita. I suggerimenti dei profeti della nuova cucina possono essere così sintetizzati: cura nella scelta delle materie prime; cotture brevi, anche al vapore; eliminazione delle minestre tipiche della cucina regionale italiana; uso occasionale di pesce e carni crudi, di derivazione giapponese; aromi insoliti; accoppiamenti inediti; recupero dell’agrodolce; impiattamento esteticamente accurato che trasforma i piatti in opere d’arte visiva; attenzione per il colore e la forma volta a modellare carni e pesci come statue.

Il pranzo come spettacolo, motore di infinite emozioni. La cucina futurista precorre i tempi: dalla vivanda-scultura al recupero dell’abbinamento dolce-salato o dolce-piccante (miele con carne, sardine con datteri, peperoncini con frutta candita), dagli ingredienti esotici o rari (come la carne di cammello, il brodo con le rose, il risotto all’alchechengi).

Prevale l’attenzione per l’aspetto pittorico e scultoreo delle portate: “La cucina deve arrivare a concepire per ogni vivanda un’architettura originale, possibilmente diversa per ogni individuo in modo cioè da fornirgli l’illusione di mangiare opere d’arte”. A ciò è indirizzato Il Complesso plastico mangiabile Equatore+ Polo Nord del pittore Enrico Prampolini, “ composto da un mare equatoriale di tuorli all’ostrica con pepe, sale e limone. Nel centro un cono di chiara d’uovo pieno di spicchi di arancia come succose sezioni di Sole. La cima del cono sarà tempestata di pezzi di tartufo nero tagliati in forma di aeroplani negri alla conquista dello zenit”.

Nel Manifesto della Cucina futurista, il cuoco Jules Maincave affermava l’importanza di restituire alla tattilità della bocca il massimo della sensazione gustativa alla luce di una filosofia edonistica che sottraeva l’apparato masticatorio all’appiattimento della cucina corrente che l’aveva volgarizzato.

Gian Marco Parrella