"I 32 nostri impianti idroelettrici oltre a produrre energia in abbondanza sono una salvaguardia imprescindibile del territorio. In particolare, la diga di Place Moulin ha salvato la Valpelline da un possibile disastro durante l'evento alluvione del 29 e 30 giugno scorsi, che noi abbiamo comunque accolto preparati dopo aver preso dell'allarme di possibile dissesto".
Lo ha detto oggi Giuseppe Argirò, amministratore delegato della Compagnia Valdostana delle Acque-CVA, durante la conferenza stampa nella sede di Deval indetta per fare il punto sui danni subiti dalle centrali e dalla rete a seguito dell'ondata di maltempo.
Danni importanti: "C'è stato un evento idrogeologico estremo in alta Valpelline - hanno spiegato Argirò, il direttore di Cva Enrico De Girolamo e il direttore tecnico degli impianti Lorenzo Artaz - a circa 10 chilometri dalla diga a 3.200 metri di quota, ai piedi del ghiacciaio della Tête de Valpelline, con un distacco dalla morena che ha creato una voragine lunga 450 metri e profonda 150 metri. Nell'occasione è finita a valle una grande quantità di materiale limaccioso molto fine; basti pensare che in una notte nella diga di Place Moulin sono finiti sei milioni di metri cubi di acqua e il livello nel bacino si è alzato di quattro metri in poche ore. Senza la presenza della diga tutto quel materiale sarebbe finito a valle provocando gravi e inimmaginabili danni nella Valpelline".
I vertici di Cva hanno ribadito che gli impianti maggiormente danneggiati sono stati oltreché in Valpelline quelli nella vallata di Cogne, nella Valtournenche e i danni diretti ammontano - secondo una prima stima - a circa due milioni e 800mila euro, ai quali vanno aggiunti i danni economici per la mancata produzione di energia dovuta al blocco degli impianti, ma secondo le nostre previsioni questo è un danno assai sostenibile per l'azienda, considerato il quadro positivo di accumulo idrico per il 2024 che ci avrebbe comunque permesso di raggiungere il limite massimo consentito per legge e quindi avremmo dovuto necessariamente 'scaricare' le acque".
Alcuni impianti sono tuttora fermi, come ovviamente la centrale di Valpelline (foto sopra) mentre altri funzionano parzialmente (tra questi la centrale di Chavonne ad Aymavilles e quelle di Maen e Covalou nella Valtournenche). Sul totale della produzione di 238 megawatt sono 38 quelli non in produzione attualmente (nei siti della valle di Cogne (Aymavilles, Grand Eyvia, Lillaz) e della Valtournenche (diga di Perrères). I tempi di ripristino delle infrastrutture danneggiate oppure ostruite dai detriti nella maggior parte dei casi sono per alcuni casi da stimare e per altri sono di qualche settimana.
Cva ha ritenuto di promuovere la conferenza stampa odierna per informare degli effetti di breve e medio periodo che l'alluvione della fine di giugno ha causato sulle proprie infrastrutture idroelettriche, facendo seguito alle analisi delle complessità derivanti dalle situazioni geomorfologiche, conseguenti alle violente precipitazioni definite dal Centro Polifunzionale della Regione “di portata millenaria”.
"Gli effetti e le manifestazioni del cambiamento climatico rappresentano per Cva una sfida complessa - ha spiegato ancora Argirò - sia per il ruolo di contenimento, laminazione e sicurezza che gli impianti svolgono in favore del territorio in cui sono inseriti, sia per ragioni di tipo industriale. Nel breve volgere di dodici mesi l’azienda si è trovata a gestire la grave carenza idrica dello scorso anno, che ha causato un calo di produzione del 30% sulla media decennale e, successivamente, una stagione di precipitazioni nevose record, che ha avuto culmine e apice con gli avvenimenti del mese scorso".
I vertici aziendali hanno insistito sul fatto che "la sicurezza del territorio, delle popolazioni che vi risiedono e degli impianti rappresentano da sempre delle priorità per Cva. L’azienda per preservarle, oltre ad attivarsi a seguito di segnalazioni metereologiche preventive, opera costanti osservazioni sul campo. Durante gli eventi di fine giugno, il combinato disposto di questi due elementi ha consentito l’attivazione delle procedure di messa in sicurezza degli impianti, fermandone temporaneamente la produzione e ponendo le opere in assetto tale da non creare disfunzioni significative.