Religio et Fides | 25 agosto 2024, 06:00

Specola Vaticana, XVI secolo

“Scoprire una verità scientifica è come mettersi a colloquio con il Creatore” A.Zichichi

Specola Vaticana, XVI secolo

Diamo uno sguardo alla prima lettura e al Vangelo in quanto strettamente correlati. Il brano tratto dal primo libro di Giosuè ci ricorda che spesso corriamo un rischio, quello di appoggiarci esclusivamente su noi stessi, a ciò che possediamo, alle certezze materiali, ai nostri ragionamenti dimenticandoci così completamente di Dio.

Il brano tratto dal Vangelo secondo Giovanni ci presenta questa bella domanda e risposta di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”.

Siamo umani, viviamo sulla terra ed è più che normale che ci serviamo delle nostre risorse quali intelligenza, fantasia, creatività e dei beni materiali per vestirci, muoverci, comunicare, per ottenere un certo benessere e sicurezza ma occorre stare attenti. Tutti questi aspetti seppur importanti e frutto della genialità umana non sono eterni e non ci salvano! La tecnologia ci aiuta a vivere meglio, a spostarci e a comunicare più velocemente; i progressi in campo medico ci consentono di curare malattie e di vivere più a lungo ma nessuno ha ancora trovato il farmaco dell’immortalità e prima o poi i conti con la morte e con gli interrogativi relativi ad essa li dobbiamo fare. La ricerca scientifica è affascinante oltre che importante e non è assolutamente in opposizione con la fede tanto che in Vaticano esiste una Specola cioè un osservatorio tra i più antichi del mondo risalente al XVI secolo circa, affidato a scienziati gesuiti i quali ancora oggi (ve ne sono una dozzina)  svolgono questo lavoro a tempo pieno e si occupano in particolare di studi riguardanti l’origine dell’universo, il Big Bang e la natura della polvere meteoritica.

Agli inizi degli anni trenta, l'aumento delle luci elettriche della città di Roma aveva reso il cielo così luminoso da rendere impossibile agli astronomi lo studio delle stelle più deboli, Pio XI dispose allora che la Specola si trasferisse nella sua residenza estiva a Castelgandolfo. A causa del dilatarsi continuo dell’inquinamento luminoso romano nel 1981 venne fondato un secondo centro di ricerca, il VORG (Vatican Observatory Research Group) a Tucson in Arizona che nel 1993, in collaborazione con l'Osservatorio Steward, ha portato a termine la costruzione del Telescopio Vaticano a Tecnologia Avanzata (VATT), collocandolo sul Monte Graham sempre in Arizona, il migliore sito astronomico del continente nordamericano.

La Specola attualmente collabora con molti istituti astronomici del mondo e addirittura con il CERN di Ginevra. Il telescopio VATT e tutti gli altri posizionati in vari punti della terra ci ricordano che dobbiamo imparare ad alzare lo sguardo non solo per contemplare le stelle, per dipanare i misteri dell’universo ma anche per ricordarci che esiste Qualcuno di più grande, che c’è un oltre, che non possiamo pensare che siano solo le cose terrene ad aiutarci a reggere ma abbiamo bisogno di più.

Considerevole è trasformare la nostra terra salvaguardandone il fragile equilibrio, è buona cosa inventare, costruire, cercare di risolvere le malattie che affliggono l’umanità, è giusto che usiamo la ragione che ci è stata donata ma non dimentichiamoci che non siamo Dio e che non ci salviamo da soli. Il pericolo che l’umanità da sempre corre e oggi ancor di più, visti i grandi progressi in numerosi campi, è quello di illudersi di potersi "smarcare" da Dio quasi fosse un appiglio per gente debole, ignorante od ottusa, facendo diventare scienza, progresso e benessere degli alibi per poter finalmente archiviare la fede e la religione.

Cito una frase di Antonino Zichichi, un importante fisico italiano e credente: “Scoprire una verità scientifica è come mettersi a colloquio con il Creatore”.

La ragione, la creatività e la curiosità che possediamo non esistono per cacciare Dio dalla vita, per dimostrarne l’inesistenza ma dovrebbero aiutarci ad andare oltre, ad alzare lo sguardo, a non cadere nella terribile tentazione di credere che sia vero solo ciò che vedo, che tocco e che misuro. Possiamo esplorare, studiare diversificati temi e discipline intorno alla parola esistenza, potremo giungere a chissà quali inaspettati risultati a livello medico, tecnologico ma resta forte e attuale la domanda di Pietro: da chi andremo? Chi può rispondere agli interrogativi di senso e di felicità che ci abitano? Non di certo un’applicazione sullo smartphone e nemmeno l’intelligenza artificiale.      

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it