C’è una parola da mettere in pratica! E’ ciò che sembrano suggerirci le letture della XXII domenica del tempo ordinario, in modo particolare un passaggio che si trova nella seconda tratta dalla lettera di san Giacomo apostolo: “Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi” e altrettanto forte è ciò che dice Gesù ai farisei maggiormente dediti alle apparenze piuttosto che alla sostanza trasformando così la fede in vuoti tradizionalismi: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto”.
La fede implica accogliere Dio, in particolare la sua Parola, consentendole di prendere forma in noi in modo da incidere sulle scelte e i comportamenti; Gesù ricorda che è proprio dai nostri cuori che proviene il bene o il male. Sono fermamente convinto che Dio davvero ci parla e lo fa spesso innanzitutto ogni qualvolta ci poniamo in ascolto della sua Parola ma anche attraverso gli eventi e gli incontri della vita, sia positivi che negativi e noi dobbiamo essere bravi a raccogliere i suggerimenti che Lui ci offre. Nelle prima settimana di agosto ho portato alcuni animatori dell’Oratorio dove svolgo il mio servizio, presso la comunità ecumenica di Taizè in Francia; per chi non la conoscesse vi invito ad approfondire andando sul loro sito perché si tratta di un luogo speciale che da decenni accoglie in modo semplice ma profondo migliaia di giovani cattolici, protestanti e ortodossi in un clima di amicizia, condivisione e genuinità, dove la liturgia è fatta di canto, ascolto della Parola e silenzio.
In un pomeriggio di riflessione con il mio gruppo, coloro che erano lì per la prima volta mi hanno chiesto incuriositi il perché tanti giovani portassero con loro dei quadernetti per scrivervi. Ho risposto che si tratta di un modo per appuntarsi le intuizioni, le parole che magari colpiscono di più durante la preghiera perché molti vanno lì per capire quali scelte compiere nella vita e occorre mettere insieme i pezzi, appuntarsi le percezioni, le idee e anche quelle parole del Signore che ci offre non solo nella liturgia ma anche nelle situazioni e nelle esperienze che si vivono.
C’è un artista che ha amato particolarmente appuntare su quadernetti i paesaggi e gli scorci che ha incontrato nei numerosissimi viaggi che ha compiuto. Si tratta dell’inglese William Turner (1775-1851) di cui ho visto a luglio una stupenda e notevole mostra a Montecarlo presso il Grimaldi Forum e che si conclude proprio questa domenica. Turner raramente dipingeva sul posto bensì amava appuntare di getto le vedute marine, montuose e anche cittadine che più lo colpivano e una volta tornato a casa restituiva sulla tela le emozioni e le sensazioni che aveva colto in quel luogo lavorando in particolar modo sui fenomeni atmosferici e la luce in quanto conferiscono allo scenario anima e vitalità. L’artista inglese viaggiando coglieva qua e là indizi, vedute, dettagli che poi rielaborava e traduceva in opere rivoluzionarie per il tempo perché non si limitavano a descrivere un paesaggio ma a coglierne l’animo attraverso il suo sguardo personale. E' possibile che nelle prossime puntate vi proporrò qualche quadro di Turner, per ora mi limito a mostrarvi un’immagine tratta da uno dei suoi numerosi quaderni dove con pochi tratti di acquarello ha impresso le sensazioni personali nell’osservare un tramonto. Pochi segni ma sufficienti per poi lavorarci in studio.
Dio ci parla e lo fa attraverso la sua Parola che ascoltiamo ogni qualvolta apriamo la Bibbia per conto nostro o partecipando a qualche celebrazione ma anche attraverso le persone che incrociamo sul nostro cammino, in qualche dialogo casuale, con un imprevisto oppure anche con una prova o una crisi ma sappiamo accorgerci che lì Dio ci sta parlando? E sappiamo poi tradurre nella realtà quanto Lui ci suggerisce, con qualche scelta concreta? Non si tratta di essere dei mostri di perfezione o di coerenza ma di far sì che quanto intuiamo che Dio ci sta suggerendo si imprima nella nostra esistenza prendendo forma e colore.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.