Sovente sentiamo dire che viviamo in un tempo nel quale mancano punti di riferimento e certezze. Lo è stato un po' in tutte le epoche perché spesso l’uomo perde di vista le coordinate per una vita sensata, bella e felice.
Dalla prima lettura e dal Vangelo ci vengono offerti tre punti fermi che vanno bene per ogni stagione storica.
Nel brano tratto dal libro del Deuteronomio leggiamo: “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze”, parole che ritroviamo anche nel testo evangelico dove Gesù, rispondendo ad uno scriba che gli chiede quale sia il primo di tutti i comandamenti, gli ricorda i tre pilastri fondamentali per una vita felice: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". Il secondo è il seguente: "Amerai il tuo prossimo come te stesso".
L’uomo riconosce che Gesù ha risposto bene, in quanto il cuore del cammino di fede è l’amore verso Dio, verso se stessi e verso gli altri e per questo Cristo gli dirà che non è lontano dal regno di Dio pur trattandosi di uno scriba. Sappiamo infatti che scribi e farisei avevano deturpato la religiosità ebraica del tempo svuotandola di amore, riducendola a un’accozzaglia di precetti e norme che non facevano altro che appesantire il cammino di fede, facendo perdere di vista l’essenziale, tanto che ai dieci comandamenti, nel corso dei secoli, avevano aggiunto ben 613 precetti da osservare di cui 365 come i giorni dell’anno erano le proibizioni e 248, come le componenti del corpo umano, le regole. Gesù fa un po' di pulizia e questo grazie alla domanda, forse provocatoria, ma certamente utile, dello scriba offrendoci così i tre pilastri fondamentali per vivere una religiosità autentica fondata sulle basi utili a orientare le nostre scelte per evitare di viaggiare allo sbaraglio e indispensabili per trovare quella felicità che tutti cerchiamo spesso in modo errato.
Le parole di Gesù diventano delle belle e robuste colonne portanti come quelle del progetto artistico di Nanni Balestrini (1935) poeta, scrittore e artista visivo che sin dagli anni sessanta ha partecipato ai movimenti più radicali nel campo dell’avanguardia letteraria e artistica europea, sperimentando le possibili relazioni tra parola, testo e immagine. Per la città di Firenze ha realizzato nel 2016 'Colonne Verbali', un’installazione caratterizzata da nove arazzi monumentali di colore e parole con i quali ha rivestito le colonne del Museo del ‘900 che si affaccia su piazza di Santa Maria Novella.
Ama Dio, ama te stesso, ama gli altri: sono tre solidi pilastri sui quali costruire con sicurezza e serenità la vita, colonne che neanche i terremoti esistenziali più violenti possono abbattere. Si tratta di tre parole che davvero possono orientare e sostenere l’esistenza dell’uomo di ogni tempo e con esse Gesù ci offre una via d’uscita dall’incertezza e dal disorientamento esistenziale. Egli ci mostra quei punti fermi per reinterpretare il nostro stare al mondo suggerendoci che credere in un Dio che ci ama e che ci sta vicino ci aiuta a non sentirci mai abbandonati, a non illuderci che la felicità è opera soltanto della nostra intelligenza e volontà, a non cadere nell’inganno che avere fede sminuisca la nostra dignità. Ogni qualvolta eliminiamo il Signore dall’orizzonte dobbiamo costruirci degli idoli per reggere. Al contrario invitandoci ad amarlo con tutto il cuore, l’anima, la mente e le forze, ci permette di evitare chissà quali sforzi sovrumani per guadagnarci la sua stima. Detto in altre parole, egli ci aiuta ad aprire tutte le porte: quelle dell’affettività, della razionalità e della volontà al fine di permettergli di entrare e scoprire che condividere con Lui l’esistenza è bello e ci fa bene. Egli ci ha insegnato a vivere una fede intrisa e ripiena di amore, dove riti, pratiche religiose e preghiera non sono fini a loro stesse ma hanno lo scopo di creare una relazione di amicizia con Lui per sintonizzarci con l’Amore. Ci ha annunciato che noi siamo preziosi per ciò che siamo, ricordandoci che il nostro valore non dipende da ciò che dimostriamo od otteniamo o possediamo e infine ci ha rivelato che gli altri non sono dei rivali ma sono compagni di viaggio con i quali camminare, sostenendoci e prendendoci cura a vicenda.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.