Siamo giunti alla solennità di Cristo Re, con la quale si chiude l’anno liturgico. Dare il titolo di sovrano a Gesù può sembrare antiquato, tanto più in un tempo nel quale siamo piuttosto allergici a ogni forma di autorità dove sembra prevalere soltanto un imperativo: ascoltare sé stessi.
Per questa ragione è ancor più necessario celebrare Gesù Re dell’universo e dell’umanità per riscoprire che nella vita occorre avere dei punti di riferimento che vadano oltre il nostro ombelico. In molte persone avverto l’inclinazione a pensare che non ci si debba far influenzare da nessuno, che per costruirsi un pensiero autonomo occorra essere privi di condizionamenti tanto più se sanno di “vecchio” come la religione, la politica, la storia, la filosofia, la Costituzione e addirittura la scienza; il problema è che si gettano alle ortiche tutti i punti di riferimento e alla fine, sapendo che comunque di qualcuno hai bisogno, vai dietro al primo che parla senza chiederti se ciò che dice abbia un fondamento.
Sembra assurdo, ma rifiutiamo ogni forma di autorità in nome di una libertà assoluta, però poi ci affidiamo agli improvvisatori che si affacciano dai social o al primo che su TikTok dice la sua su qualsiasi argomento. Il rischio per l’uomo di ogni tempo è quello di dar troppo retta al proprio io permettendogli di diventare il sovrano assoluto; questo ci porta a volerci liberare di tutto ciò che si oppone a esso, esattamente come leggiamo dal Vangelo, dove i capi dei sacerdoti consegnano Gesù a Pilato per eliminarlo in quanto rovinava i loro piani e la falsa, vuota e storpia religiosità fondata non più sull’amore per Dio e per l’umanità ma esclusivamente sul potere e il prestigio personale.
Ascoltare solo il nostro io ci porta allo sbando, dobbiamo ritrovare dei punti di riferimento pensando che questo non toglie dignità alla nostra libertà e intelligenza. Nessuno può camminare andando soltanto dietro a sè stesso, nessuno può compiere scelte intelligenti ispirandosi esclusivamente al proprio sentire e volere, nessuno può costruirsi uno stile di vita ignorando del tutto la storia, le radici e la cultura nella quale vive; ignorando le persone che hanno speso la loro vita e la loro intelligenza per costruire un pensiero, delle idee, per tracciare delle strade, per fare scienza, per trovare un senso all’esistenza.
Il rischio serio è che se il punto di partenza e di arrivo siamo sempre e solo noi stessi, siamo destinati a ritrovarci vuoti, persi; ci riduciamo a prestare ascolto a ciarlatani improvvisati oppure finiamo per credere che 'è tutto un complotto', che non c’è più da fidarsi di nessuno perché in ogni ambiente, in ogni istituzione, nella Chiesa, nella politica, nella cultura e nella scienza c’è del marcio e così ci si chiude, si pensa di potersi fabbricare un mondo e una società dove il centro è ciò che sento io e ciò che conviene a me.
Davide Camisasca, milanese di origine, da una vita vive a Gressoney-Saint-Jean; oltre ad essere una guida alpina è uno straordinario fotografo che ha realizzato importanti mostre in Italia e all’estero (in questo momento vi consiglio di andare a visitare quella allestita al Forte di Bard). Il tema del suo lavoro fondamentalmente è la montagna e tutto ciò che è legato ad essa, come nel caso di questo suo scatto che vi propongo intitolato: 'Il Castore sullo sfondo il Lyskamm', di cui però non sono riuscito a reperire la data, dove si vedono quattro alpinisti che camminano su una cresta innevata. Quando si affrontano certe vette e salite in montagna non è mai prudente andare da soli ma è sempre buona cosa essere in compagnia e con gente esperta, con qualche guida alpina che conosce la zona e la via.
Nella vita possiamo decidere di seguire qualcuno che la strada dell’esistenza la conosce o l’ha studiata o come Gesù che addirittura ha percorso la via dell’incarnazione per rivelarci che Dio esiste e ci ama, che ha vissuto l’esistenza insegnandoci ad amare e che ha percorso il sentiero della morte per rivelarci che dopo c’è la vita eterna o invece possiamo decidere di ascoltare solo noi stessi pensando di poter camminare da soli senza bisogno di nessuno oppure seguire qualcuno che si improvvisa guida ma che in realtà non lo è; sta a noi scegliere.
Se seguiamo soltanto il nostro io il rischio è di perderci, di precipitare in qualche crepaccio; Gesù ci ha insegnato che dobbiamo imparare a fidarci anche degli altri e di Dio, il punto di partenza, di riferimento e di arrivo non può essere soltanto il nostro io.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.
Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito.
Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo.
Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.