Religio et Fides | 01 dicembre 2024, 06:00

Bansky, 'Sweep It Under The Carpet' (2006)

Letture d’arte a cura di don Paolo Quattrone

Bansky, 'Sweep It Under The Carpet' (2006)

Inizia l’Avvento, il tempo per predisporre cuore e mente al Natale per non arrivarvi impreparati. Per questa ragione vi invito a fare un balzo in avanti e precisamente al Vangelo che leggeremo nella liturgia della Messa della notte, dove emerge il tema della gioia, in particolare nelle parole che pronuncia l’angelo ai pastori: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”.

Viviamo questo tempo liturgico come un’occasione preziosa per riflettere sulla gioia; essa infatti è associata al Natale ma occorre chiedersi davvero di cosa si tratti, non è di certo quella frivola parentesi di spensieratezza spesso evocata dalla pubblicità dove sembra che si debba forzatamente essere gioiosi per poi, dal sette gennaio, ritirare fuori nuovamente il peggio di noi; dovremmo invece cercare una gioia da far durare tutto l’anno, fondata non su futilità bensì su un evento: la venuta di Dio sulla terra.

Affrontiamo l’Avvento dunque come un’opportunità per guardare allo stato di salute della nostra gioia e iniziamo riflettendo a partire dal brano di Vangelo di questa prima domenica, sottolineo in particolare le seguenti parole di Gesù: “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso”.

Se il cuore è appesantito non può essere gioioso. Cosa sovraccarica il nostro animo? Ce lo spiega il frammento di brano che ho evidenziato: sovente siamo nervosi, arrabbiati, con la faccia tesa, tirata e cupa, con l’animo ingrigito perché lasciamo che i pesi dell’esistenza si depositino in noi e perché sovente ci perdiamo in attività e abitudini che ci dissipano. Vi sono situazioni, imprevisti, responsabilità che alimentano in noi preoccupazione, ci levano il sonno e ci innervosiscono; è quanto accade nelle vicende quotidiane che spesso mettono alla prova pazienza, serenità e che ci strappano di dosso la gioia.

L’animo spesso si appesantisce perché si carica giorno dopo giorno di incombenze ed inquietudini che si accumulano sempre più dandoci la sensazione di essere schiacciati o di portare un peso superiore alle nostre forze. Cosa fare quando per evitare ciò? Condividere i nostri pesi con Dio, presentandoglieli nella preghiera, chiedendogli di aiutarci ad affrontarli, di guardare con altri occhi le situazioni che sembrano senza via d’uscita. Sei appesantito? Chiediti se affidi i tuoi fardelli al Signore. Sempre nel brano di Luca troviamo queste parole di Gesù: “Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo”.

Le inquietudini non vanne tenute dentro ma affidate a Dio, altrimenti ci schiacciano e vediamo tutto nero. L’animo però spesso è appesantito anche a causa delle dissipazioni cioè quando disperdiamo tempo, energie mentali, emotive e fisiche in attività inutili o non sane che ci impoveriscono; la vita è impegnativa ma sovente ce la complichiamo inseguendo stupidaggini.

Nel 2006 a Londra, su un muro in Chalk Farm Road è apparso un disegno murale del celebre writer (artista di strada) Bansky dove una domestica butta la spazzatura raccolta sotto la copertura di un muro in mattoni. L'opera evoca la riluttanza del mondo occidentale ad affrontare questioni globali come la povertà o altri temi urgenti cari all’artista come la pace e la salvaguardia dell’ambiente; di lui non conosciamo l’identità ma sappiamo che fa spuntare nei luoghi più diversi i suoi lavori che hanno lo scopo di portare la riflessione tra la gente, per la strada.

Anche noi spesso tendiamo a nascondere la spazzatura sotto il tappeto tenendoci problemi ed inquietudini dentro senza condividerli ed affidarli a Dio (magari facendo una bella confessione che potremmo mettere in programma senza aspettare gli ultimi giorni prima di Natale) e sovente lasciamo che certe cattive abitudini dissipino l’animo mentre si tratterebbe di fare un po' di pulizia per liberarci di qualcuna di esse.

Gioia è innanzitutto provare a fare un po' di ordine dentro noi stessi, non da soli ma coinvolgendo Dio, affidandogli ciò che appesantisce il cuore e chiedendogli la forza di abbandonare ciò che lo imbruttisce.

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it