Il mare delle Egadi, situato tra le isole di Levanzo, Favignana e Marettimo, continua a restituire preziosi reperti archeologici legati alla storica Battaglia delle Egadi, combattuta nel 241 a.C. tra la flotta romana e quella cartaginese.
Tra i più recenti ritrovamenti (fine ottobre scorso), spiccano i rostri in bronzo, micidiali armi di distruzione utilizzate dalle navi da guerra per speronare le imbarcazioni nemiche. Durante una campagna di ricerche condotta dalla Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana, in collaborazione con la statunitense RPM Nautical Foundation e la SDSS (Society for Documentation of Submerged Sites), sono stati recuperati due nuovi rostri, denominati "Egadi 26" e "Egadi 27”. Questi reperti sono stati individuati su un fondale di circa 80 metri e recuperati con l'aiuto della nave da ricerca Hercules. I rostri sono armi di distruzione applicate sulla prua delle navi da guerra. La loro funzione principale era quella di speronare le navi nemiche, causando il loro affondamento. I rostri recuperati presentano decorazioni a rilievo che raffigurano elmi del tipo Montefortino, tipici degli elmi romani.
La battaglia delle Egadi segnò la fine della prima guerra punica e il dominio romano sul mediterraneo. Gli studi e le intuizioni dell'archeologo Sebastiano Tusa, prematuramente scomparso nel 2019, hanno permesso di individuare il teatro della battaglia e di recuperare numerosi reperti, tra cui 27 rostri.
Oltre ai rostri, le ricerche hanno portato alla luce numerosi altri manufatti, tra cui 30 elmi del tipo Montefortino, due spade, alcune monete in bronzo e argento, e un considerevole numero di anfore dimostrando che il mare delle Egadi continua a essere una fonte inesauribile di informazioni storiche e culturali.