“Dove sei?”. E' la domanda che Dio rivolge all’uomo e che troviamo nel brano della prima lettura tratta dal libro della Genesi, con la quale svela che Lui cerca tutti perché ci ama, ma spesso, per diffidenza o peggio per paura, ci nascondiamo. Tutta la Bibbia è la storia di Dio che tenta di creare un legame con l’umanità e questa a volte lo accetta e altre volte no.
Dalla Genesi passiamo al Vangelo di Luca e all’evento dell’Annunciazione in quanto si celebra la solennità dell’Immacolata che prevale sulla seconda domenica di Avvento concentrandosi sul tema della gioia.
Mettiamoci nei panni di Maria: tranquilla, era intenta a svolgere le faccende domestiche, forse impegnata a preparare il pane, (attività che le donne eseguivano quotidianamente), o a riassettare la casa ed ecco che le appare un angelo che la saluta. Luca scrive che ella fu molto turbata e lo saremmo anche noi in una situazione analoga! Trovarci al cospetto del divino effettivamente crea sconcerto perché si avverte la propria piccolezza di fronte all’immensità di Dio. Senza dover pensare a chissà quale apparizione, a volte, già soltanto pregando si percepisce un certo disagio poichè non è come stare con una persona qualsiasi, pertanto non dobbiamo cadere nella paura che è altra cosa del timore. Temere Dio è aver a cuore di non perdere una relazione importante,e non solo. E' anche il sano timore dell’inferno quale luogo della sua assenza. E' fare tutto ciò che occorre per coltivare il rapporto con Lui, frequentando tutte le vie che consentono di sintonizzarci con la sua presenza e di restare nell’amore. Come nei rapporti umani ci si impegna a mantenere vivo un legame così dovrebbe essere con il Signore.
Si comincia però con la bellezza di frequentarlo e non la paura. Viviamo in un tempo nel quale si pensa che per tornare a certi valori occorrano le maniere forti e questo anche in ambito di fede, sento a volte affermare: “bisogna nuovamente inculcare alla gente la paura di Dio sennò non c’è più fede e morale”. Si tratta piuttosto di recuperare la bellezza e la gioia di credere.
Ci domandiamo perché molti prendono le distanze dalla Chiesa e dalle sue celebrazioni? Forse dipende dal fatto che faticano a intravedere nei nostri occhi di credenti quella luce che dovrebbe far cogliere la fede come qualcosa di armonioso, gioioso e bello ma al contrario percepiscono una sensazione di vecchio o cupo. Ancor peggio quando come fosse un rituale scivoliamo in manie e fissazioni religiose dove ci si convince che per salvarsi occorre per forza fare quella preghiera, ricevere la comunione in un modo piuttosto che in un altro o compiere certe pratiche: tutte deviazioni mostruose. Certamente quando ci mettiamo al cospetto di Dio, nella preghiera personale o in una celebrazione, si richiede il giusto rispetto ma questo non vuol dire stare nella paura. Occorre allora chiederci: come viviamo il rapporto con il Signore? Con ansia o con gioia? Non vuol dire che non ci debba essere anche qualche sforzo e impegno, ma come in ogni sana relazione di amicizia la cosa fondamentale è la fiducia che quel rapporto è fondato sull’amore e sulla gioia di frequentarsi. Inoltre con Dio partiamo dal vantaggio che Lui è sempre fedele, non ci molla e non ci tradisce mai; dovremmo soltanto stare attenti a non trascurarlo. Di fronte al turbamento iniziale di Maria che avverte di essere dinanzi a Qualcuno e a qualcosa di immensamente più grande di lei, l’angelo la rassicura dicendole: “Non temere”. Dio ci suggerisce di non temere, di entrare in relazione con Lui anche se avvertiamo giustamente la nostra piccolezza; di non temere di fare amicizia con Lui in un rapporto fondato su serenità, fiducia e gioia; di non temere se non abbiamo fatto sufficientemente bene la preghiera perché ciò che conta è incontrarlo; di non temere di avvicinarci a Lui anche quando abbiamo esperimentato il nostro essere peccatori; di non temere di rivolgerci a Lui anche in modo spontaneo e confidenziale. James L. Johnson è un artista contemporaneo statunitense che ama dipingere paesaggi e scene religiose che prendono spunto dalle Scritture. Con l’opera, Fidati del Signore, dai tratti molto semplici ma con una bella forza evocativa, l’artista ci ricorda che siamo come bambini, piccoli, non all’altezza di Dio ma non per questo non ne siamo degni o peggio dobbiamo averne paura. Non c’è nulla da temere ma c’è solo da tenere la sua mano che Lui porge a tutti.
Coltivare un rapporto di amicizia, di fiducia e di confidenza con Dio genera in noi gioia.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.