Religio et Fides | 16 marzo 2025, 07:00

'Cattura di Cristo', 1602; Caravaggio (1571-1610)

'Cattura di Cristo', 1602; Caravaggio (1571-1610)

Il cammino quaresimale ha come mèta il bagliore della Pasqua e non a caso le letture della seconda domenica del tempo di quaresima ci invitano a guardare verso la luce e in particolar modo il Vangelo dove Gesù si trasfigura in tutto il suo splendore. Di conseguenza questo tempo va vissuto cercando le luci che ci sono in noi e attorno a noi. Come ben sappiamo, l’esistenza umana convive con le tenebre ma ciò che conta è tenere lo sguardo fisso sui punti luminosi, così come leggiamo nella prima lettura dove il Signore invita Abramo a contemplare nelle stelle la sua discendenza numerosa. Ogni vita umana ha le sue ombre così come ogni epoca storica ma non dobbiamo perdere di vista le luci che vanno riconosciute e valorizzate. Il tempo di quaresima è l’occasione giusta per fare questo lavoro e per sottrarci a pessimismi e a lamentazioni sterili.

Come per la prima domenica così anche per questa cito uno degli oggetti comparsi durante la Passione di Cristo che desidero utilizzare per sviluppare e approfondire la nostra riflessione. Oggi scelgo le lanterne e le torce usate dai soldati che si recano di notte nell’orto degli ulivi per arrestare Gesù.

Sulla scia di questo vi invito a soffermarvi su un’opera di grande effetto, che amo particolarmente, realizzata da Caravaggio (1571-1610) intitolata Cattura di Cristo (1602) e conservata presso la Galleria Nazionale d’Irlanda a Dublino. Non è tra i quadri più conosciuti del celebre pittore ma trovo che possegga una notevole intensità dove la capacità dell’artista di giocare con le ombre e le luci si esprime con grande efficacia e suggestione. C’è concitazione, alle spalle di Cristo un discepolo urla dalla disperazione, Giuda sta per baciare il Maestro e tre soldati si gettano verso di Lui per arrestarlo, all’estrema destra vi è un uomo, l’artista stesso autoritratto, che regge in mano una lanterna per far luce su quanto sta accadendo. Osservando con attenzione, il bagliore che illumina la scena non proviene dalla lanterna tenuta da Caravaggio bensì da sinistra e si posa in particolar modo su Cristo, l’unico che mostra tranquillità nonostante stia per essere tradito e arrestato.

Mi soffermo sul personaggio nel quale l’artista si autoritrae, evoca molto bene Caravaggio, un uomo che nonostante le proprie tenebre in quanto spesso dedito alle taverne, al gioco, alla prostituzione e ai duelli, immerso in una Roma oscura, corrotta e violenta ha saputo produrre opere stupende che testimoniano che in lui c’erano anche delle luci, che era una persona dall’animo sensibile e in ricerca. Infatti è proprio grazie al cardinal Del Monte che seppe cogliere il suo talento, imparando ad accostarsi alle Scritture e alla fede. Caravaggio tiene la lanterna e ci invita innanzitutto ad individuare le nostre luci per non soffermarci solo sulle tenebre: lui  stesso pur sguazzando nel buio esistenziale ha saputo creare opere che sono ancora oggi capaci di smuovere gli animi e di indirizzare i cuori a Dio.

Noi allo stesso tempo dovremmo in questo tempo quaresimale accorgerci che in noi oltre alle ombre vi sono stelle e luci che siamo tenuti a riconoscere e valorizzare. Come amo ricordare spesso, anche la confessione non è il momento per piangerci addosso bensì per andare davanti a Dio, metterci sotto la luce della sua misericordia, per guardarci dentro con verità , riconoscendo i motivi di ringraziamento, le cose buone e belle. Spesso uno dei peccati più grossi è quello di soffermarci solo sulle negatività, ritenendoci delle ‘schifezze’ e il demonio fa di tutto pur di scoraggiarci buttandoci in faccia le nostre fragilità e oscurità Importante è anche sapere riconoscere le debolezze, i pesi e i peccati ma ricordando che non siamo solo quelli.

Caravaggio che tiene la lanterna ci invita poi a saper riconoscere le stelle che brillano nella realtà nella quale viviamo e nella storia presente. Una tentazione orribile che il diavolo ama suscitare è quella di farci soffermare solo sul negativo e così vediamo tutto senza soluzioni cadendo nella lamentazione, nel pessimismo, perdendo così ogni barlume di speranza. Tornando a Dio che mostra ad Abramo le stelle nel cielo e a Gesù che si trasfigura dinnanzi ai tre apostoli prima di immergersi nel buio della Passione, in questo tempo di quaresima chiediamo al Signore di saper quindi vedere le luci presenti in noi e attorno a noi, di ringraziare per esse e di valorizzarle al fine di  prepararci alla Pasqua che è luce che irrompe nelle tenebre. 

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea.

Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra.

E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it