In Italia, il benessere degli animali è tutelato da precise disposizioni legislative, che sanciscono il dovere di rispettare la loro natura di esseri viventi. Tra queste, l’articolo 727 del Codice Penale riveste un ruolo centrale, punendo non solo chi agisce con dolo o intenzione di nuocere, ma anche chi, per negligenza o superficialità, espone gli animali a condizioni di sofferenza fisica o psicologica. La Suprema Corte di Cassazione ha recentemente ribadito questo principio con una sentenza importante che riguarda il caso di un cane lasciato legato sotto il sole per ore, senza accesso all’acqua o a un riparo.
Questa condotta, apparentemente non dolosa, è stata comunque considerata reato, in quanto rappresenta una grave mancanza di cura nei confronti dell’animale. Tale comportamento, infatti, non solo ne compromette il benessere fisico, ma viola la dignità di creatura vivente con diritti fondamentali. Il nostro ordinamento prevede un ampio ventaglio di norme volte alla protezione degli animali. L’articolo 727 del Codice Penale si distingue per la sua portata estensiva, includendo tra le condotte sanzionabili quelle che, pur non configurando atti espliciti di violenza, si caratterizzano per l’incuria e la trascuratezza.
La legge riconosce agli animali una condizione di soggetti senzienti, capaci di soffrire e di provare emozioni, e impone ai proprietari l’obbligo di garantire loro condizioni di vita adeguate. In aggiunta, molti regolamenti locali, emanati da regioni o comuni, vietano di mantenere legati gli animali domestici in modo permanente, prevedendo sanzioni amministrative. Tuttavia, quando tali comportamenti configurano un danno concreto all’animale, possono evolvere in responsabilità penale.
Un esempio di applicazione di queste norme è fornito dalla recente sentenza della Corte di Cassazione. La vicenda riguarda un pastore tedesco, affidato temporaneamente a una persona che, tuttavia, lo ha legato a una ringhiera sotto il sole cocente, senza acqua né riparo. Dopo ore di esposizione, l’animale è stato trovato in condizioni di ipertermia, con un ritmo respiratorio alterato e rischi concreti per la sua salute. Il Tribunale di primo grado ha riconosciuto il responsabile colpevole di abbandono di animale, imponendo un’ammenda pecuniaria e un risarcimento alla parte civile.
La Cassazione, confermando la sentenza, ha sottolineato che il reato in questione non richiede l’intenzionalità di far soffrire l’animale, ma si configura anche in presenza di negligenza grave, come l’omissione di cure adeguate in un contesto di pericolo.