Religio et Fides | 23 marzo 2025, 07:00

Statua di San Longino, 1629-1638- Gian Lorenzo Bernini (1598-1680)

Lettura d'arte domenicale a cura di don Paolo Quattrone

Statua di San Longino, 1629-1638- Gian Lorenzo Bernini (1598-1680)

Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio. E’ una frase che troviamo nella prima lettura, tratta dal libro dell’Esodo. Il patriarca si viene a trovare al cospetto di Dio che gli appare in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto ardente che non si consuma e rendendosi conto di essere dinanzi al divino si fa prendere dalla paura, non osa guardare verso il Signore.

Gesù ci ha insegnato che non c’è ragione di aver paura di Dio anzi è per il nostro bene accostarci e volgere lo sguardo a Lui così come canta il salmo 102 che ricorda che il suo amore per noi non si esaurisce mai esattamente come il roveto che arde senza consumarsi. Se Dio ci ama in maniera profonda e sconfinata non dobbiamo mai avere alcuna soggezione o inquietudine nell’avvicinarci a Lui.

Come per le altre due domeniche di quaresima anche per questa prendo in prestito un oggetto della Passione per sviluppare la riflessione e in questo caso uso la lancia che ha trafitto il costato di Gesù, impugnata da un soldato romano che per tradizione è chiamato Longino, nome che deriva dal greco λόγχη (lónkhē) che per l’appunto significa lancia. Si pensa che sia santo in quanto si ritiene che alla vista della morte di Cristo si sia convertito. Urbano VIII agli inizi del ‘600 commissionò al grande scultore Gian Lorenzo Bernini (1598-1860) una statua del santo per la Basilica di san Pietro dove ancora oggi è collocata, l’artista rappresenta san Longino nell’istante nel quale coglie con sorpresa e meraviglia che quell’uomo era davvero il Figlio di Dio e di conseguenza il suo animo si apre alla conversione. La lancia che impugna la tiene lontano da sé a simboleggiare il distacco con la vita precedente ma allo stesso tempo sembra voler accompagnare il nostro sguardo verso l’alto, verso Dio. Quella lancia, pur essendo un’arma e uno strumento di morte, indica Cristo in croce invitandoci a guardare a Lui senza alcuna paura bensì con immensa fiducia; quella lancia ferendo e trafiggendo il costato di Cristo permette al suo infinito amore di riversarsi su tutta l’umanità diventando sorgente di salvezza per tutti.

La lancia di Longino ci ricorda di convertire lo sguardo per scoprire che da Gesù non piovono vendetta e punizione bensì amore, perdono e invito ad abbandonare il male per abbracciare il bene. Nel brano di Vangelo Gesù esorta i Galilei e gli abitanti di Gerusalemme alla conversione, a un cambio di mentalità in quanto in quel tempo vi era una visione distorta di Dio, considerato come qualcuno che di fronte al peccato dell’uomo lo punisce con le disgrazie. Lui, invece, non cessa mai di amarci e quando vede che ci allontaniamo dalla vita e dal bene ci invita al cambiamento non con le minacce bensì guardandoci con amore e incoraggiandoci a fidarci.

La lancia di Longino diventa freccia che indica un Dio non violento, non dedito al castigo altrimenti non si sarebbe lasciato morire in croce ma sarebbe sceso e in modo clamoroso e violento avrebbe punito i suoi accusatori e uccisori. In questo tempo di quaresima troviamo qualche momento per sostare davanti a un crocifisso per renderci conto che non vi è alcun motivo per aver paura di Dio e anche se avvertiamo il peso dei nostri peccati, delle ferite, dei dubbi e delle debolezze non abbiamo alcun motivo per tenerci a distanza. Al contrario vi è un motivo in più per presentarci a Lui che ci attende, che vuole instaurare un rapporto di amicizia, che desidera che ci accostiamo con la fiducia. Egli non è lì appeso per puntarci il dito, per farci sentire delle ‘schifezze’ bensì per abbracciarci e ricordarci che il suo costato trafitto è come una sorgente alla quale possiamo sempre avvicinarci per dissetarci, dalla quale sgorga un amore infinito che ci fa sempre sentire accolti e che ci sprona alla conversione, alla ricerca del bene, del bello e dell’amore.

Non sappiamo davvero cosa sia successo nell’animo di quel militare romano quando trafisse il costato di Cristo però è bello immaginare che compiendo quel gesto un po' del sangue gli sia schizzato sul volto cambiando così il suo sguardo, toccando il suo animo e facendogli scoprire che nonostante il gesto violento compiuto e il suo essere lì a svolgere il suo dovere di soldato vi è un Dio che ci guarda sempre con amore, che di fronte al male non ci respinge, non ci castiga bensì ci abbraccia e ci invita alla conversione.  

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it