Religio et Fides | 13 aprile 2025, 07:00

'Entrata di Cristo a Gerusalemme', 1617- Antoon van Dyck (1599-1641).

Lettura d'arte domenicale a cura di don Paolo Quattrone

'Entrata di Cristo a Gerusalemme', 1617- Antoon van Dyck (1599-1641).

Con la celebrazione della domenica delle Palme si spalancano le porte sulla Settimana Santa e sui tre giorni più importati per i cristiani detti Triduo pasquale: Giovedì Santo nel quale si fa memoria di Gesù che istituisce l’Eucaristia e che invita i discepoli all’amore con il gesto della lavanda dei piedi; il Venerdì Santo nel quale si celebra la passione e morte di Gesù e la sera del Sabato Santo con la veglia pasquale che ci abbraccia con la luce della resurrezione.

All’inizio del cammino quaresimale, per la precisione la seconda domenica, ho sottolineato che il tempo di quaresima ha come fine quello di condurci al bagliore della Pasqua e di conseguenza si tratta di un tempo non cupo bensì nel quale riconoscere e valorizzare le luci che possediamo e che vediamo intorno a noi.Troppo spesso invece i nostri occhi si posano sulle tenebre personali e mondiali. Non è un caso che il Vangelo proclamato prima della benedizione dei rami di ulivo inizi così: In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli…

Un aspetto importante da evidenziare è che quando gli evangelisti accennano alla passione e morte di Gesù non lo fanno mai senza rimandarci anche alla sua resurrezione. Per questa ragione che Luca non cita soltanto Gerusalemme che sarà teatro della sua condanna ma anche due località che rimandano a eventi positivi: Bètfage si trovava sulla strada che conduceva a Betània dove avvenne la resurrezione di Lazzaro e dove secondo la tradizione avverrà l’ascensione di Cristo.

Non esistono solo le tenebre ma anche le luci e la nostra vita si svolge dentro questo contrasto che si percepisce anche dal constatare che Gesù verrà accolto tra le acclamazioni dei discepoli e della folla e pochi giorno dopo i primi lo abbandoneranno e la gente ne chiederà la morte. La vita umana è fatta di contraddizioni e Cristo facendosi uomo le ha conosciute e vissute sulla sua pelle, vi è passato dentro.

Ogni domenica di quaresima ho utilizzato un oggetto della Passione per approfondire la riflessione. Oggi utilizzo un “personaggio”; si tratta del puledro, dell’asino sul quale Gesù sale per entrare in Gerusalemme. La cavalcatura dei re era il cavallo, nei monumenti equestri non vediamo mai un condottiero sopra a un asino che in quel tempo era il mezzo di locomozione della gente comune. Questo particolare ci rivela che il Figlio di Dio facendosi uomo decide di entrare nella storia umana passandoci dentro e il puledro rappresenta l’esistenza di ogni individuo fatta di luci ed ombre. Gesù decide di salire in groppa alla normalità della nostra vita per condividerne le bellezze e le fatiche, stando con noi pur sapendo che a volte lo accogliamo e altre lo respingiamo o lo ignoriamo, conscio che in certe situazioni sappiamo dare il meglio di noi e in altre il peggio; condivide la nostra esistenza quando siamo nella salute e nella malattia, nella serenità e nella prova, sa che la nostra vita si gioca nelle contraddizioni perché noi umani siamo scostanti, a volte testardi come muli ma decide di camminare, anzi di cavalcare con noi.

'Entrata di Cristo a Gerusalemme' del 1617 venne realizzata a soli diciotto anni dall’artista fiammingo Antoon van Dyck (1599-1641). Fu il primo pittore della corte inglese ed era particolarmente noto per i suoi ritratti anche se sono numerose le tele a soggetto religioso. Il suo stile si formò alla luce dei numerosi viaggi che fece in Italia e che gli permisero di avvicinarsi a figure di artisti sia del passato che viventi. Nell’opera vediamo che l’asino quasi non si scorge perché la testa è al buio e il corpo è quasi interamente avvolto dalle vesti blu e rosse di Cristo che simboleggiano la sua divinità ed il suo amore. Gesù in sella a un asino ci rivela un Dio diverso da quello che spesso ci immaginiamo. Egli non sta seduto nei cieli bensì in groppa al nostro asino, alla nostra vita che per tutti è fatta anche di fatiche, sfide, di croci e sofferenze da portare, di quotidianità da affrontare, barcamenandoci tra alti e bassi ma non dobbiamo mai sentirci soli, mai pensare che siamo incamminati verso il baratro perché Gesù trotta con noi.   

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea.

Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra.

E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it