Ambiente - 05 luglio 2022, 09:45

E se, per salvare loro e noi, chiudessimo le vie ai ghiacciai?

In alternativa, è forse giunto il momento di pensare a maggiori investimenti per il contrasto al dissesto idrogeologico in montagna e al possibile obbligo di attraversare le calotte solo accompagnati da una guida

E se, per salvare loro e noi, chiudessimo le vie ai ghiacciai?

Io sono un alpinista della domenica: per diversi motivi non ho potuto trasformare in rendita d'immagine (salire uno dopo l'altro tutti gli ottomila, coprire due volte in sette giorni l'integrale di Peuterey ecc.) o economica (guida alpina dei vip...sic) un'innata verticalità che mi portò fin da ragazzino a grimpare su pareti semi-lisce in jeans e scarpe da tennis senza alcuna protezione, unica insegnante a mia disposizione la beata incoscienza dell'adolescenza.

Più avanti negli anni però qualche maestro l'ho avuto ma, più che di tecniche alpinistiche, i miei maestri lo sono stati di cultura, di etica, di conoscenza profonda della montagna.

E di cose, sulla montagna, me ne hanno insegnate tante. Ecco perché oggi oso replicare - pur per celio, provocatoriamente e senza alcun titolo o esame a suffragio della mia posizione - all'affermazione di Luca Mercalli secondo cui non possiamo vietare alla gente di camminare sui ghiacciai. Possiamo sì, invece. Prendo a mio complice lo Stato, che ci ha dimostrato come nulla sia impossibile in fatto di divieti e stravolgimento della quotidianità dei cittadini quando in ballo vi sono la salute e la sicurezza pubblica. 

Tutti, guardando le immagini del crollo dalla Marmolada, avranno notato il materiale 'nero' venuto giù insieme al ghiaccio: oramai quando camminiamo sui ghiacciai, camminiamo su cadaveri, alcuni dei quali già in avanzato stato di decomposizione. Glaciologi esperti affermano che quel distacco così imponente dalla Marmolada non era facilmente prevedibile, che altri e maggiormente moribondi ghiacciai sono ben più pericolosi. Ecco allora un motivo in più per prendere una rivoluzionaria decisione: se l'imponderabilità dei crolli ha pervaso persino le zone considerate meno a rischio, non resta che una cosa da fare, per proteggere le persone e lo stesso ambiente: chiudere gli accessi alle vie dei ghiacci sino a quando questi ultimi non avranno terminato definitivamente il loro ciclo, ovvero saranno scomparsi. E chissà che magari una terapia così estrema non possa addirittura portare beneficio ambientale ai morenti giganti bianchi.

Di montagne solo 'nere' dove poter dar sfogo alle passioni alpinistiche ed escursionistiche ne restano tantissime; vi sono poi tante camminate e scalate di 'media montagna'; non credo che il mercato del turismo di quota risentirebbe più di tanto del divieto e comunque potrebbe sicuramente riadattare le proprie proposte all'esigenza del momento. E' successo con la pandemia, può ripetersi ora che a soffrire tanto sono le montagne stesse.

In questi giorni è forte l'impressione dell'opinione pubblica per la tragedia trentina ma non bisogna illudersi: tra pochi mesi quanto accaduto sulla Marmolada sarà, tranne che per i familiari delle vittime, soltanto un brutto ricordo e ghiacciatori fai-da-te come escursionisti modello Alpitour torneranno ad assediare lingue e creste. Se chiudiamo una volta per tutte le vie dei ghiacciai potremo salvarne tanti.

Ma questa è solo la provocazione di un alpinista della domenica, che passando gli anni è sempre più timoroso e sempre meno spavaldo. In alternativa, è forse giunto il momento di pensare a maggiori investimenti per il contrasto al dissesto idrogeologico in montagna e al possibile obbligo di attraversare le calotte solo accompagnati da una guida alpina.

 

patrizio gabetti

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