Cultura - 11 settembre 2022, 09:09

'La resa di Breda', 1624; lettura d’arte a cura di don Paolo Quattrone

'Di fronte a certe situazioni sentiamo salire in noi tutto il desiderio di armarci, di scendere in campo e fare guerra, però poi occorre sapersi fermare, tornare sui nostri passi e piuttosto scendere in campo per dialogare, per incontrarsi, chiarirsi e deporre le armi'

La resa di Breda, Diego Velasquez (1599-1660)-Museo del Prado di Madrid

La resa di Breda, Diego Velasquez (1599-1660)-Museo del Prado di Madrid

La prima lettura, tratta dal libro dell’Esodo, ci mostra un Dio umano che perde la pazienza poichè il suo popolo, nonostante l’abbia liberato dalla schiavitù in Egitto, si è pervertito e si è fabbricato una divinità artificiale. Il Signore ha intenzione di sterminare Israele ma Mosè gli fa cambiare idea facendolo desistere.

E’ bellissima l’immagine di un Dio che si pente anche se istintivamente gli verrebbe voglia di sterminare tutti. Il Signore è uno che torna sempre sui suoi passi, di fronte al male che l’uomo compie prova certamente orrore e dolore ma una cosa non riesce a fare ed è punire, Lui preferisce perdonare, offrire un’altra possibilità, scommettere in un cambiamento, in una conversione.

La misericordia di Dio attraversa tutte le letture della XXIV domenica del tempo ordinario e arriva all’apice con la magnifica pagina di Luca del padre misericordioso; è vero la pagina dell’Esodo ci mostra il Signore tentato dall’ira però poi si pente, cambia rotta, sceglie la via del perdono.

Io sono capace di questo? Di fronte ad un torto subito, ad una delusione, ad una ferita in una relazione cedo all’istinto di  troncare, di vendicarmi, di aggiungere male ad altro male oppure desisto e provo a percorrere altre vie? So interrompere la spirale di male quando questa comincia oppure la alimento? Il brano dell’Esodo si conclude con questa frase:

“Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo”, possiamo affermare che anche Dio ha dovuto compiere un esodo personale, mettersi in discussione, lasciandosi provocare da un uomo, da Mosè. Il testo ci ricorda che di fronte alle difficoltà relazionali, l’ira, la vendetta, è più che normale che affiorino e forse anche Dio prova le stesse emozioni di fronte agli orrori che compiamo però si tratta poi di tornare sui nostri passi.

Sappiamo dopo i primi cinque minuti di normale rabbia abbandonare le intenzioni bellicose? Oppure ci armiamo e siamo disposti a fare guerra per anni? Con le persone possono accadere incidenti di percorso, fanno male ma poi so andare oltre o rinfaccio quanto accaduto per i prossimi venti anni, interpretando tutta la mia relazione con quella persona alla luce di quanto accaduto nel passato? Dio sa tornare indietro dall’ira e io so farlo?

Non vuol dire essere persone che non si arrabbiano mai, a volte ci vuole, è un modo per manifestare un disagio, una ferita però poi si deve fare retro marcia, fare inversione a “U”.

La resa di Breda, conservato presso il Museo del Prado di Madrid, è un dipinto del pittore spagnolo Diego Velasquez (1599-1660), artista che si distinguerà tra quelli della corte di re Filippo IV e che meglio saprà raccontare la Spagna di quel tempo.

Spesso ritraeva i ricchi e i potenti ma aveva capito che è nei poveri che si nasconde il volto dell’umanità. Tornando all’opera in questione, venne creata per celebrare la riconquista spagnola della città delle Fiandre ed è conosciuto anche con il titolo: le lance, poiché compaiono in gran numero sullo sfondo. Il governatore olandese Justino di Nassau consegna le chiavi al generale Ambrogio Spinola (un militare genovese al servizio della corona spagnola, rappresentato a destra). Il comandante impedisce a Justino di inginocchiarsi per sottolineare il gesto di riappacificazione. Il senso di riconciliazione è rappresentato anche dai due eserciti che fraternizzano intorno ai due comandanti. Le lance sullo sfondo ricordano che si è in un contesto di conflitto ma tenute in alto rivelano allo stesso tempo che non c’è volontà di usarle, non c’è intenzione di ricorrere alla violenza e la stessa impressione viene resa dal soldato vestito di blu che si trova in primo piano sulla sinistra che imbraccia il fucile tenendolo però al contrario, sulla spalla.

Di fronte a certe situazioni sentiamo salire in noi tutto il desiderio di armarci, di scendere in campo e fare guerra però poi occorre sapersi fermare, tornare sui nostri passi e piuttosto scendere in campo per dialogare, per incontrarsi, chiarirsi e deporre le armi.

Facendo un esercizio di fantasia possiamo immaginarci che anche il padre della parabola di Luca, in un primo momento quando il figlio l’ha lasciato può aver avuto un gesto di stizza e aver pensato: “ma va al diavolo!”. Dopo qualche minuto, sbollita la delusione profonda, si sarà affacciato ad una delle finestre del palazzo per vedere se tornava. Quel figlio rientrerà a casa perché anche pentirsi richiede il coraggio di tornare sui nostri passi.

 

Don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it

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