Dopo la bocciatura dei Livelli di essenziali di assistenza sanitaria, nuova 'tegola' internazionale per la Valle d'Aosta. A Bruxelles, la Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’Ue per la mancata piena esecuzione di una sentenza della stessa Corte del 10 aprile 2014, relativa al trattamento delle acque reflue urbane in cinque località: Courmayeur e poi in Sicilia Castellammare del Golfo, Cinisi, Terrasini e Trappeto in Sicilia.
Nella sentenza del 2014, la Corte Ue aveva stabilito che l’Italia era venuta meno ai suoi obblighi riguardo all’attuazione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane (direttiva 91/271/Cee del Consiglio). All’epoca, i giudici comunitari avevano constatato che ben 41 agglomerati urbani italiani non garantivano la raccolta e un trattamento adeguato delle acque reflue. Di questi, nel 2018 già 36 si erano messi in regola, Courmayeur evidentemente no e questo perché ancora manca il necessario allacciamento all’impianto di depurazione della Valdigne, che può reggere i reflui fino a 60 mila abitanti nei periodi di alta stagione turistica. I lavoro di ampliamento della struttura sono già stati appaltati per due milioni e mezzo di euro e ora l'Amministrazione deve darsi da fare per la consegna entro il prossimo dicembre.
“La mancanza di adeguati sistemi di trattamento comporta rischi significativi per la salute umana, le acque interne e l’ambiente marino nelle aree ecologiche critiche” in prossimità dei centri urbani che scaricano le acque reflue non trattate, sottolinea la Commissione in una nota.
In più, sempre a quanto riferisce la Commissione, “sulla base delle informazioni trasmesse dalle autorità italiane, la piena conformità alla sentenza del 10 aprile 2014 non sarà raggiunta prima del 2027”, quando “l’Italia avrebbe dovuto garantire il rispetto della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane sin dal 31 dicembre 1998”.
Da qui la decisione del nuovo deferimento alla Corte di giustizia. La direttiva del 1991 sul trattamento delle acque reflue urbane impone agli Stati membri di garantire che gli agglomerati (città, centri urbani, insediamenti) con più di 10.000 abitanti raccolgano e trattino correttamente le acque reflue. Le acque reflue non trattate possono essere contaminate da batteri nocivi e rappresentano un rischio per la salute pubblica.
Contengono tra l’altro nutrienti, come l’azoto e il fosforo, che possono danneggiare le acque dolci e l’ambiente marino favorendo la proliferazione eccessiva di alghe che soffocano altre forme di vita (eutrofizzazione). Questo secondo deferimento alla Corte Ue per mancata esecuzione della sentenza del 2018 “può comportare l’irrogazione di sanzioni pecuniarie all’Italia, tenuto conto della gravità e del protrarsi dell’infrazione”, avverte la Commissione nella sua nota.
In campo ambientale, L’Italia sta continuando a pagare da molti anni delle multe giornaliere per le famigerate “ecoballe” con cui il governo italiano, nel maggio 2008, pretese di aver risolto la crisi dei rifiuti a Napoli, e ha dovuto pagare anche delle multe periodiche per le discariche illegali, ridotte man mano che questi siti abusivi vengono chiusi.