Non importa chi sei, cosa tu abbia fatto e vissuto, quale sia il tuo passato e il tuo presente o il tuo pedigree ma ciò che conta è che Tu ti apra a Dio perché non esiste persona sulla faccia della terra che Lui non ami e che non desideri salvare ed aiutare.
Nel brano di Vangelo secondo Matteo ci viene presentato l’incontro e il dialogo tra Gesù e una donna non ebrea, straniera e che proprio per questa ragione si riteneva che Dio non avesse per lei la minima considerazione. Cristo stesso sembra pensarla nel medesimo modo. Le dice in un primo momento: “Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele” e più avanti: “Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”; come per dire: io sono venuto soltanto per salvare gli ebrei.
Gesù però, molto probabilmente, vuole provocare sia i discepoli che la gente presente. Allo stesso tempo mi piace pensare che forse Cristo, nel corso della sua missione, ha dovuto comprendere poco per volta che ciò che diceva e faceva. La sua presenza era rivolta a r tutti e non solo per una parte dell’umanità,solo per il popolo di Israele. La Chiesa primitiva guidata da Pietro era convinta che il messaggio di Gesù fosse solo per i giudei, sarà solo con san Paolo che si comprenderà che il Vangelo era destinato a tutti i popoli senza alcuna distinzione.
Una prima domanda: noi siamo disposti ogni tanto a lasciarci smuovere da certe nostre convinzioni? Abbiamo il coraggio di cambiare idea di fronte alla realtà e a quanto ci accade? Permettiamo a Gesù e al suo Vangelo di modificare i nostri punti di vista sulle persone? Ci lasciamo rinnovare o siamo inamovibili ed incapaci di metterci in discussione?
Torniamo alla scena del Vangelo: nonostante le parole di Gesù la donna non si arrende ed esclama: “Signore, aiutami”. Il brano si conclude con questa affermazione di Cristo: “Donna, grande è la tua fede!”. In cosa consiste la grandezza della fede? In quante ore prego al giorno e se non mi distraggo mai? Il non avere alcun dubbio?
Nulla di tutto ciò, la grandezza di quella donna cananea sta nell’aver avuto il coraggio di chiedere aiuto a Gesù pur pensando di non esserne degna! Ha creduto che quell’uomo non poteva abbandonarla. La fede grande è avere l’audacia di rivolgerci a Dio mentre spesso evitiamo di farlo per due motivi: perché pensiamo di non essere degni della sua considerazione oppure perché crediamo che dobbiamo sempre e comunque sbrogliarcela da soli perché tanto Lui è assente e se c’è è lontano dalla dura realtà.
A questo proposito vi cito un passaggio di Papa Francesco a commento del brano in questione: “Qual è la fede grande? La fede grande è quella che porta la propria storia, segnata anche dalle ferite, ai piedi del Signore domandando a Lui di guarirla, di darle un senso. Ognuno di noi ha la propria storia e non sempre è una storia pulita; tante volte è una storia difficile, con tanti dolori, tanti guai e peccati. Cosa faccio io, con la mia storia? La nascondo? No! Dobbiamo portarla davanti al Signore e noi potremo fare questo se abbiamo sempre davanti a noi il volto di Gesù, se noi intuiamo e crediamo che il cuore di Cristo è un cuore che ha compassione, che porta su di sé i nostri dolori, che porta su di sé i nostri peccati, i nostri sbagli e fallimenti”.
Il 06 agosto 1965 uscì Help!, il quinto album dei Beatles. La copertina realizzata dal fotografo inglese Robert Freeman (1936-2019) mostra i quattro musicisti in posizione di segnalazione simulando l’alfabeto semaforico, come se si sbracciassero per chiedere soccorso. Il brano Help! (che vi invito ad ascoltare). E' un vero e proprio grido di aiuto della band: troppi gli impegni, troppa la fama che li costringe ad una vita lontana dalla realtà e dalla normalità travolti dal loro stesso successo. Il brano inizia così: “Aiuto, ho bisogno di qualcuno, aiuto non di uno qualsiasi. Aiuto, sai ho bisogno di qualcuno, aiuto!”, parole che non si riferiscono di certo a Dio ma che ci possono condurre a Lui.
Troviamo il coraggio di chiedere aiuto al Signore perché solo Lui è in grado di salvarci, di perdonarci, di rialzarci, di accompagnarci e sostenerci. Come nella vita così nella fede il vero grande non è solo chi sa aiutare gli altri ma anche chi sa chiedere aiuto.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.