Una sua caratteristica era tipica delle persone di grande personalità: sapeva scatenare opinioni e sentimenti esplosivi, talvolta contrastanti ma sempre stimolanti e costruttivi. Se n'è andato mercoledì scorso Davide Spagnoli, collaboratore dalla prima ora de Laprimalinea.it e se n'è andato troppo presto, a soli 66 anni e con tante, tante cose ancora da dire e da fare. Era a casa quando il cuore ha detto "stop, basta portar pesi" e lui ha chiuso gli occhi serenamente e improvvisamente, mentre l'amata moglie era a far la spesa. Una morte semplice per un uomo ricco di bellissime complessità.
Nato a Forlì, laurea in Scienze Politiche e in Matematica, ha vissuto le barricate e nella nostra redazione, anche se da remoto vista la lontananza, si era trovato subito a suo perfetto agio. Appassionato ricercatore storico, prima di onorarci con la sua presenza Davide Spagnoli ha pubblicato i risultati dei suoi studi su diverse riviste specializzate e non, quali i Quaderni del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno (Croazia), Giornale di Storia Contemporanea, Zapruder, Il Calendario del Popolo, L'Impegno. Ha svolto un'intensa attività di traduzione occupandosi principalmente di geopolitica, di matematica e fisica e del rapporto che queste scienze hanno con la politica e l’ideologia.
Grande appassionato e conoscitore di musica, negli anni Settanta e Ottanta aveva contribuito fattivamente allo sviluppo delle radio libere di controinformazione.
E' stato, in quel meccanismo a volte perverso che si definisce mediatizzazione dei fatti, un professionista serio e affidabile, veritiero e sincero. Era un romagnolo e lo sentivi in quella voce calda e rassicurante, sempre gioiosa; nei modi, nelle parole semplici, prive di retorica e scontatezza. Aveva gli occhi e la verve del bell'omone ruspante e 'bon vivant', capace però di trascorrere giornate intere in una biblioteca alla ricerca di un codice, di una data, di una frase storica dimenticata.
L'uomo che è e rimane sempre uomo e mai personaggio, mai controfigura; questa la firma di Davide Spagnoli. Un uomo fatto di sensibilità e coraggio, di energia in grado di sostenere i propri valori poiché sviluppata su solidissime radici mai tradite. Vicissitudini diverse lo avevano portato alcuni mesi fa a ridurre le collaborazioni giornalistiche, ma un nostro comune amico nonché prezioso e fattivo partecipe de Laprimalinea.it, il medico e ricercatore torinese Diego Tomassone, ci ha regalato l'ultimo testo scritto da Davide lunedì 18 dicembre due soli giorni prima di morire. Una concisa, splendida analisi storico-artistica degno attestato d'amore incondizionato per la cultura senza tempo. E' con emozione e commozione che la rendo pubblica qui. Buon Natale indimenticato amico, dovunque e comunque tu sia e grazie dell'onore che mi hai reso, mai abbastanza ripagato.
Patrizio Gabetti
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Su una miniatura del Livre d’heures di Besançon
di Davide Spagnoli
La miniatura che cercherò di analizzare è stata realizzata nello scriptorium dell’abbazia di Saint-Pierre et Saint-Paul di Luxeuil, situata a Luxeuil-les-Bains nei pressi di Besançon. L’abbazia venne fondata nel 590 da San Colombano e san Deicolo, sul sito dell'antica Luxovium, importante città in epoca romana e caduta completamente in rovina con le invasioni barbariche.
I Saraceni saccheggiarono l'abbazia nel 732, ma Carlo Magno la ricostruì e l'ordine benedettino sostituì i monaci colombaniani. L'abbazia era famosa per il suo scriptorium, attivo dalla metà del VII secolo, e probabilmente luogo di nascita della prima scrittura calligrafica in lettere minuscole; uno dei manoscritti più celebri è il Lezionario di Luxeuil composto alla fine del VII secolo. A partire dal XV secolo l'istituzione della figura dell'abate commendatario incoraggiò il calo dell'osservanza della regola e l'abbazia conobbe un lungo periodo di decadenza; Carlo V ridimensionò il potere degli abati di Luxeuil.
La miniatura in questione appartiene al manoscritto 0148 della Bibliothèque Municipale de Besançon ed è noto come il cosiddetto Livre d’heures di Besançon. Probabilmente scritto tra intorno al 1470, le cui illustrazioni si ritiene essere opera del famoso pittore francese Jean Colombe. Il prezioso libro di preghiere è composto da 386 pagine in formato 16,2 x 11,8 cm, adornate con miniature a tutta pagina, con rappresentazioni più piccole o con capolettera splendidamente colorati. All'inizio il manoscritto presenta un calendario con le tipiche raffigurazioni delle attività agricole, ma anche dei santi. I bordi sono illustrati con raffigurazioni accanto al testo e mostrano un ciclo con scene dell'Antico Testamento, dal racconto della creazione al Libro di Tobia.
Le profezie del Libro di Isaia sono state infine rappresentate in miniature a tutta pagina. La maggior parte della miniatura è occupata dal recinto con dentro il “bue” e l’asino, e dalla coperta della figura femminile seduta che legge. Il “bue” ha al collo un campanaccio e guarda attento la figura femminile. L’asino, con ancora il basto, guarda con amore la figura maschile vestito con una una tunica blu che tiene sulle ginocchia un infante ed è seduta ai piedi della figura femminile con i piedi appoggiati sulla coperta. La figura femminile, dentro quella che sembra un abbozzo della struttura di una capanna, ignora del tutto la figura maschile e il neonato in fasce ed è intenta a leggere un libro seduta nel letto sotto lenzuola e coperta. È bionda, come la figura maschile. Alla destra di chi guarda, quasi nascosto dalla coperta, c’è un giglio; un’altra pianta non identificata è poco distante dal giglio; un terzo fiore – forse un fiordaliso – è all’estremità sinistra della miniatura poco distante dalla figura maschile; un secondo giglio è subito dietro la figura maschile e in prossimità del recinto. Il neonato in fasce nell’economia del dipinto è una figura appena più grande delle piante e posizionato nella estremità sinistra e lontano dal centro.
Il tutto è contenuto in una struttura che sembra muraria con un tetto in ceramica a volta adornato con un mosaico con quello che sembra un fiore di veronica che simboleggia gli occhi del divino. Effettivamente si tratta di una “natività” ben strana: il neonato non solo non è al centro della scena ma al suo margine, ma ha una dimensione quasi insignificante – è grande quasi come la testa della figura maschile e una parte della testa della figura femminile – non sembra essere lui il tema centrale della miniatura, che invece è la coperta sotto la quale riposa in maniera ativa la figura femminile. Coperta rosso sangue tempestata da quelle che sembrano essere stelle, e dunque si può pensare che la coperta rappresenti il sangue del divino.
La figura femminile sembra essere del tutto disinteressata al neonato, e questo nel 1470 è semplicemente inconcepibile tanto sul piano morale quanto su quello iconografico: nelle “natività” la figura femminile, Maria, si prende cura del neonato. In questa miniatura, invece, è la figura maschile che se ne prende cura. Altro elemento strano sono gli animali. Il bue – il popolo degli eletti – sembra interessato solo alla figura femminile e sembra ignorare del tutto il neonato, al quale invece presta grande attenzione e amore l’asino – il popolo dei non eletti - , e questa strana configurazione sembra contraddire ancora una volta l’iconografia classica che prevedeva i due popoli, quello degli eletti e quello dei non eletti, uniti nel sostenere – riscaldare con l’alito – il neonato che rappresenta il futuro.
Nella miniatura ognuno degli animali raffigurati segue una propria strada. Il letto dove è seduta la figura femminile è troppo stretto per poter ospitare due persone, sembra più un letto singolo piuttosto di uno matrimoniale, e duqnue pare che la figura femminile dorma sola. Mentre la figura femminile è letteralmente ricoperta dal sangue divino, la figura maschile ne viene in contatto molto marginalmente – vi appoggia appena i piedi – e non ne è ricoperto. Credo che non siamo di fronte a una “natività” classica perché la figura femminile non mi pare abbia le connotazioni tipiche di Maria ma piuttosto quelle di Maria Maddalena, o meglio, della tradizione francese tramandata fino ai giorni nostri di Maria Maddalena. La miniatura mi sembra indirizzata a iniziati in grado di comprendere i simboli in essa contenuta.
Ma com’era possibile che in una abbazia che aveva un importante scriptorium come quella della Besançon dell’epoca, dove, ovviamente, gli amnuensi erano sottoposti a un rigido e stretto controllo e dove, naturalmente, in molti erano in grado di leggere compiutamente i simboli raffigurati, com’era possibile che un messaggio così blasfemo per l’epoca potesse uscire proprio dall’abbazia? In realtà quando venne realizzata la miniatura eravamo nell’epoca del tracollo della potenza militare inglese in Francia e alla conclusione della sanguinosa guerra dei cent'anni con la perdita di quasi tutti i feudi inglesi, e con l’affermarsi dei sovrani francesi come Carlo VII di Francia che governerà fino al 1461, al quale subentrerà Luigi XI il Prudente. E fu dunque l’instabilità politica del passaggio tra il dominio inglese e i re francesi l’humus che rese possibile la realizzazione di quest’opera.