Religio et Fides - 23 giugno 2024, 07:00

'La grande onda di Kanagawa', 1831-Katsushika Hokusai (1760-1849)

Lettura d'arte domenicale a cura di don Paolo Quattrone

'La grande onda di Kanagawa', 1831-Katsushika Hokusai (1760-1849)

L’orgoglio fa parte di noi e dobbiamo conviverci per tutto il corso della vita. Esso presenta connotati negativi ma anche positivi; un po' di sano orgoglio è necessario e consiste nel credere in sè stessi, nelle proprie risorse e capacità, ci aiuta a   portare avanti con convinzione le proprie idee e progetti senza lasciarsi scoraggiare dalle avversità. Sappiamo però che il nostro ego presenta anche risvolti pericolosi perché dando a lui  troppa importanza, rischia di prendere completamente il sopravvento e di conseguenza di rovinare la nostra e l’altrui esistenza.

Il mio parroco diceva che l’orgoglio è talmente forte che nel momento che moriremo morirà quindici minuti dopo di noi. Esso ci abita perciò non può essere eliminato; per un certo verso può rivelarsi come una risorsa ma per l'altro va contenuto altrimenti rischia di causare seri danni.

E’ proprio ciò che ci consigliano di fare alcuni passaggi che troviamo nelle letture della XII domenica del tempo ordinario: nella prima si parla del mare al quale Dio ha dato un limite dicendo: “Fin qui giungerai e non oltre e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”.

Spesso il nostro io rischia di essere come uno tzunami che rischia di travolgere tutto e tutti come evoca la celebre Grande onda di Kanagawa (1831) di Katsushika Hokusai (1760-1849), pittore e incisore giapponese che si dedicò in particolare all’arte ukiyo-e (immagini del mondo fluttuante); una tecnica di incisione antica. L’opera in questione fa parte di un ciclo di trentadue vedute del monte Fuji. La natura appare come una forza violenta pronta a inghiottire gli uomini in barca i quali rappresentano la secolarità della vita che si contrappone all’indifferenza e alla religiosità della montagna sacra, imperturbata, sullo sfondo. Se andiamo dietro solo a noi stessi siamo perduti e tanto più se lasciamo che le onde del nostro Io prendano il sopravvento. L’acqua possiede un’energia che può devastare oppure creare vita. Allo stesso modo è l’orgoglio, se è fuori controllo e lasciato a se stesso è distruttivo ma se incanalato può contribuire a generare felicità.

Nel salmo 106 troviamo queste parole: “Nell’angustia gridarono al Signore, ed egli li fece uscire dalle loro angosce. La tempesta fu ridotta al silenzio, tacquero le onde del mare. Al vedere la bonaccia essi gioirono, ed egli li condusse al porto sospirato”.

Dominare l’orgoglio non è semplice, non basta la buona volontà ma occorre anche chiedere aiuto a Dio, in modo particolare allo Spirito Santo che è specializzato nel farci uscire da noi stessi. San Paolo dalla seconda lettura ci mette in guardia dal pericolo di assecondare troppo l’Io: “quelli che vivono non vivano più per se stessi”. Gesù ce lo ha insegnato con il suo esempio: se avesse pensato solo alla sua salvezza non avrebbe di certo intrapreso la strada della croce; lo stesso vale per noi. 
Possiamo vivere partendo sempre e soltanto dal nostro Io, dal nostro interesse, benessere, dalle nostre priorità oppure guardare anche gli altri e  chi ci sta accanto o  chi ci è affidato. Occorre allora farci qualche domanda: chi detta la mia agenda, le mie scelte? Forse il mio Io e le mie comodità? Il mio benessere, i miei desideri, le mie tempistiche e necessità?

Nel brano del Vangelo Gesù fa cessare la tempesta dicendo al vento: “Taci, calmati!”. Queste le parole che dovremmo rivolgere ogni giorno al nostro Io quando pretende di sovrastare tutto e tutti. Quotidianamente siamo di fronte a un bivio: ascoltare solo l’Io o anche Dio che ci invita a uscire, a donarci, a metterci in gioco, a sporcarci le mani, a non guardare solo al noi stessi. L’Io è sempre pronto a prendere per primo la parola e noi dobbiamo essere subito pronti e reattivi per rispondergli così: “Taci e calmati, non ci sei solo tu”. Questa auto affermazione concretamente significa imparare a dirsi e darsi dei no, a guardarsi attorno, ad accorgersi che non ci siamo solo noi ma anche gli altri. Ci insegna che è bello anche donare e non solo ricevere. L’ego fuori controllo si manifesta in tante forme quali i peccati e i vizi come ad esempio la superbia: la parola stessa rivela di cosa si tratta. E' il nostro io che si ritiene super, superiore a tutti, che sovrasta e fagocita tutto. Se lasciamo fare all’orgoglio esso diventa il nostro peggior nemico e non a caso è lo strumento preferito che il demonio usa per rovinare la nostra esistenza e quella di chi ci sta accanto.   

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura.

Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.

Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it

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