Una pioggia fitta fende l’aria della Piazza d’Armi del Forte di Bard, luci rosse fendono l’aria sul palcoscenico. Un tavolo e una sedia di legno. Scenografia semplice, per uno spettacolo in cui Saviano vuole mettere in luce come la criminalità organizzata rappresenti in scala ridotta, e quindi in un modo più semplice, il funzionamento della società; rivelandosi così una via per comprendere meglio alcune dinamiche della comunità in generale.
Lo scrittore si concentra su come la mafia sia basata su regole che appartengono a un codice segreto. Essa ha una rigida morale che non ammette tradimenti, l’eccesso di alcol, il gioco d’azzardo, l’ascoltare musica: solo il controllo sul proprio corpo permette di gestire il potere. Nella visione di cosa nostra, il mondo è una guerra e in questa pugna si può essere dalla parte del calcio della pistola o dalla parte del mirino. Per gestire questo potere si deve controllare il corpo dai vizi e si accetta una vita costantemente a rischio e il carcere. Infatti i giovani della paranza vivono al massimo il momento, cercando di ottenere il più possibile da esso, sapendo di non invecchiare.
Appartenere è uno spettacolo che si ricollega al filone del teatro epico (da epos, narrazione) di Brecht. Saviano narra molte storie di eros e sentimenti nate all’interno della criminalità organizzata. Lo straniamento, tipico di questo genere di teatro, non deriva solamente dall’assenza di mimesi sul palco, ma anche dall’atrocità e dall’oscurità del contesto in cui queste vicende si collocano. Un altro espediente, tipico della scena brechtiana, è il ricorso ad immagini e filmati proiettati. Lo scrittore campano inserisce nella struttura della pièce fotografie e video di uccisioni e le dichiarazioni nei processi e nelle interviste. Tra la voce del narratore e le proiezioni si crea un montaggio: la voce avvolgente che racconta anche di amori, sessualità e sentimenti, aspetti che generalmente coinvolgono empaticamente, viene raggelata all’improvviso dai filmati e dalle registrazioni audio che mostrano in tutta la loro secca oggettività l’atrocità di questo sistema criminale, atrocità acuita dalla sua serialità, fluidità e semplicità.
Il teatro, come rimarcava Pasolini, è rito. Nella Piazza d’Armi del Forte, la pioggia ha danzato per propiziare una maggiore ritualità durante questa messa in scena. Le forme rituali hanno i loro indumenti sia per staccare il momento del rito dalla quotidianità, sia per creare una comunione tra i partecipanti. La pioggia ha portato tutti gli spettatori ad indossare una cerata che si è trasformata in tunica di un evento rituale in cui la società si ritrova per comprendere meglio se stessa e il mondo che la circonda.