La terza domenica di Avvento è detta gaudete perché pone l’accento sulla gioia. La prima lettura si apre con questa parola: “Rallegrati”, il salmo invita a rendere grazie a Dio e san Paolo dalla seconda, esorta a essere lieti. La gioia è il tema principale che sto cercando di sviluppare in questo tempo di Avvento,ricercando però quella vera, profonda e non effimera. Potremmo domandarci: ma come si accende e si alimenta in noi la gioia? A questo interrogativo ci aiuta a rispondere il testo del Vangelo dove Giovanni Battista rivela ai suoi discepoli che lui battezza con acqua ma sta giungendo qualcuno, Gesù per l’appunto, che battezzerà in Spirito Santo e fuoco.
Rallegrarci, ringraziare, essere lieti, gioire non è semplice e neppure spontaneo, non è qualcosa che si trova in commercio e nemmeno che ci si procura ricorrendo a chissà quali stratagemmi umani o a quali sostanze ma è frutto dello Spirito Santo: Colui che sa accendere in noi la gioia autentica che diviene entusiasmo, parola che deriva dal greco ἐνϑεός (entheos), “en” significa dentro e “theos” Dio.
L’entusiasmo sorge dallo scoprire che dentro di me c’è Dio, c’è il suo Santo Spirito, che è un alleato con il quale affrontare ogni singola giornata, da invocare in ogni situazione perché mi ispira, mi sostiene, mi sospinge donandomi quell’energia necessaria per far fronte a ogni circostanza. A volte ci sentiamo spenti, scarichi, demotivati, arresi, seduti, scoraggiati e questo perché non utilizziamo lo Spirito Santo che invece ci infiamma. Molto bella e significativa l’ invocazione dove gli si chiede di accendere cuori ed animi: “Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli, accendi in essi il fuoco del tuo divino amore, manda il tuo Spirito e sarà una nuova creazione e rinnoverai la faccia della terra”. La gioia e l’entusiasmo nascono dal credere che in me c’è un amico al quale posso rivolgermi quotidianamente, che non solo mi accende interiormente, ma mi dona quella vitalità necessaria per affrontare le contrarietà con il sorriso al fine di ringraziare per ciò che sono, che possiedo, che faccio e che mi circonda e per non farmi sequestrare dal pessimismo cosmico e dalle lamentazioni suscitando in me il desiderio di fare la mia parte. Il tutto aiutato dall’amore e dalla creatività in ciò che faccio con l’energia necessaria per svolgere ciò che devo compiere qui ed ora.
Nel brano di Vangelo, Giovanni si sente rivolgere prima dai suoi discepoli e successivamente da alcuni pubblicani e poi da dei soldati questa domanda: “Che cosa dobbiamo fare?”. Io aggiungo: cosa dobbiamo fare per alimentare e mantenere in noi la gioia e l’entusiasmo in ogni stagione della vita? Dobbiamo guardare a Colui che è in grado di accendere gli animi, a quell’alleato che non ci abbandona mai perché ci abita, ma spesso ignoriamo in quanto ci illudiamo di poter confidare solo sulle nostre risorse personali e ci illudiamo di poter reggere le complessità della vita ricorrendo a espedienti umani e materiali che a lungo termine non reggono. Impariamo a invocare a inizio giornata e più volte nel suo corso lo Spirito Santo e scopriremo con profonda gioia che ci ispira, che ci illumina la strada, che ci fa sentire la sua presenza attraverso le persone che incontriamo o le “coincidenze” che viviamo, che ci dona quella spinta per non arrenderci e per non sederci, che suscita in noi il desiderio e il gusto per il bene e il bello.
Famiglia di pescatori attorno a un fuoco da campo con mare tempestoso, del 1778 è un quadro del pittore tedesco Jakob Philipp Hackert (1737-1807) che per ispirare il suo lavoro compì numerosi viaggi in Europa e in particolare in Italia dove si stabilì dal 1768 divenendo un celebre pittore paesaggista. Nell’opera in questione un grande fuoco scalda e illumina sulla riva i componenti di una famiglia di pescatori mentre alle loro spalle vi è il mare burrascoso. Impariamo ogni giorno a invocare lo Spirito Santo e poco per volta scopriremo con grande gioia che possediamo un grande dono, un vero Amico che è sempre pronto ad accenderci, a illuminarci, a scaldarci l’animo e a farci percepire la sua presenza e vicinanza non facendoci sentire soli neanche nei momenti di tempesta.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.