Per questa seconda domenica di Natale la Chiesa ci offre come testo evangelico il prologo di Giovanni, i primi diciotto versetti nei quali l’evangelista partendo dalle origini, probabilmente ispirandosi alle prime parole del racconto della creazione contenuto nella Genesi, arriva fino alla venuta di Cristo sulla terra e di conseguenza si presta a essere un testo idoneo da leggere nel tempo natalizio.
Ogni parola è ricca di significati, io desidero soffermarmi su alcune. Il primo passaggio che evidenzio è quello iniziale con il quale si apre il testo:” In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio…” e più avanti Giovanni scrive:” E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Il Verbo è il Logos, cioè la parola creatrice di Dio e questo a ricordarci che all’origine di tutto non c’è il caso ma la Trinità che pronuncia una parola di amore capace di essere creativa. Da essa scaturirà la prima scintilla dalla quale avrà tutto inizio dando origine all’universo, alla terra e all’umanità.
Dio è parola di amore che si fa concreta attraverso la creazione e successivamente con la salvezza; tutto accade nei fatti con la venuta del Figlio di Dio sulla terra facendosi persona in carne ed ossa. Giovanni nel prologo rivela che la Trinità, che esiste da sempre e che è amore puro, ha dimostrato questo amore concretamente innanzitutto dando origine alla vita e poi desiderando salvare l’uomo andandogli incontro con l’incarnazione di Gesù. Prima considerazione da compiere per noi: La Trinità è amore, ha parole di amore e mette in pratica ciò che dice; pur sapendo che non siamo Dio, possiamo tradurre nella realtà l’amore compiendo gesti veri e concreti? Il che non vuol dire soppesare in maniera ansiogena la purezza dei nostri atti perché dobbiamo ricordare che siamo umani e che ogni azione, anche la più nobile e bella, è contaminata da un po' di orgoglio o di tornaconto personale. Ciò che conta è amare là dove siamo chiamati a vivere e non limitarci a pronunciare belle parole o fermarci alle buone intenzioni. Siamo all’inizio dell’anno, un momento nel quale ci si augura di essere migliori ma il rischio e che si arrivi al due di gennaio mettendo da parte ogni buon proposito. Sarebbe interessante invece trovare un momento per approfittare dell’inizio del nuovo anno per chiederci: in cosa vorrei cambiare davvero o migliorare oppure dove dovrei mettere più amore? Si tratta di individuare più di un punto e di scriverlo da qualche parte, di presentarlo a Dio e di lavorarci in modo concreto con il suo aiuto insieme al nostro impegno e alla buona volontà. Proviamo anche noi a passare dalle parole ai fatti, da un buon proposito alla concretezza per metterlo in pratica. Il secondo passaggio che sottolineo, è posto al centro del prologo, è la chiave di volta del testo: “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. La Trinità lo ha rivelato in modo concreto inviando sulla terra Cristo. In altri termini, immaginiamoci tre persone che discutono, si rendono conto che l’uomo non ha capito che è amato da loro e dunque decidono che è bene andare di persona per dirlo e la scelta cadrà sul Figlio. Sappiamo però che molti non l’hanno accolto, anzi lo hanno voluto eliminare e questo accade ancora oggi ogni volta che mettiamo Dio alla porta. Alla luce di questo vi invito a guardare una scultura di un artista contemporaneo statunitense, Matt Johnson (1978) che utilizza il legno per rappresentare oggetti che fanno parte della quotidianità, come nel caso di Amazon Box del 2016 dove riproduce con grande realismo un imballaggio aperto. Molte volte rischiamo di tenere Dio in una scatola, lo tiriamo fuori solo per allestire il presepe a Natale, per poi riporlo via finite le feste oppure in qualche sporadica occasione, mentre Lui desidera condividere tutto il nostro anno, ogni singolo giorno ed istante. Dio è in mezzo a noi, è a portata di mano ma spesso lo teniamo chiuso in uno scatolone, non abbiamo tempo per Lui perchè c’è altro da fare. Lo stesso vale per i buoni propositi, per quelle belle intenzioni che ci parlano dentro e che lasciamo incompiute e inscatolate. Apriamo la scatola dove teniamo Dio e rendiamolo partecipe della nostra esistenza con le sue ombre e luci. Apriamo la scatola dove teniamo alcune buone intenzioni e intuizioni, scegliamone una e proviamo a darle vita.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea. Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore. Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.