Domenica scorsa ho sottolineato l’importanza di accostarci a Dio senza paura tanto più quando sperimentiamo limiti e peccati perché da Lui riceviamo quel perdono e quell’energia che ci occorrono per tornare o restare sulla strada del bene. La prima lettura e il salmo che ci offre la liturgia della VI domenica del tempo ordinario ribadiscono l’importanza del restare uniti a Dio utilizzando l’immagine dell’albero.
Nel brano di Isaia leggiamo: “Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, verso la corrente stende le radici”.
Nel salmo 1 troviamo parole simili: “È come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene”.
A sostegno di questa immagine porto l’opera 'Fattoria vicino a Duivendrecht' del 1916 realizzata dal pittore olandese Piet Mondrian (1872-1944) il quale si incamminò sulla strada dell’arte a tarda età, cominciò dall’impressionismo per poi trovare una strada personale che lo condurrà a concepire l’arte come unica via per sopperire alla mancanza di bellezza nella vita e per elevare l’uomo alle vette di una spiritualità che nasce da un equilibrio tra l’io e l’universale, tra natura e spirito. Tutto questo poteva essere raggiunto nella ricerca dell’essenziale che lo porterà a concepire opere dalle forme semplici fino ad arrivare alle celebri composizioni caratterizzate soltanto da griglie e colori primari. L’opera in questione ha come soggetto alcune case in riva a un fiume e in primo piano alcuni alberi di cui l’artista ci offre solo la struttura scheletrica poichè privi di foglie, la loro vita dipende dal torrente che scorre accanto.
I due brani che vi ho citato e il dipinto di Mondrian sono un invito ad andare all’essenziale per individuare cosa è fondamentale per la nostra vita interiore: essere uniti a Dio così come un albero, per vivere, deve stare vicino ad una fonte idrica. Il brano di Isaia continua così: “non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell’anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti”. A volte l’esistenza si fa torrida e secca per innumerevoli motivi: per via delle responsabilità, dei numerosi impegni, delle fatiche nelle relazioni e per reggere non basta fare attività fisica, ricorrere a qualche distrazione più o meno sana o a qualche piacere, ma ci vuole di più. Occorre avere una sorgente d’acqua fresca alla quale attingere e questa è la preghiera quale luogo e occasione per incontrarci con Dio e lasciarci rinfrescare da Lui.
Nel concreto questo si realizza mettendo nelle sue mani, immergendo nel suo amore ciò che ci sta surriscaldando come le tensioni, le preoccupazioni e il nervosismo per stare di fronte ai problemi e alla contrarietà con altri occhi, per assegnare il loro giusto peso, non ingigantendo le difficoltà. A volte siamo come pentole d’acqua bollente e il rischio è di riscaldarci se non addirittura scottarci o di scottare gli altri. Allora occorre sbollire e questo lo si può fare mettendoci davanti a Dio e guardando ciò che viviamo insieme a Lui. Le sue foglie rimangono verdi: non è sempre facile mantenere la gioia, restare fedeli alle scelte fatte, mettere amore nelle faccende quotidiane; a volte percepiamo che la linfa non scorre più in noi, ci sentiamo spenti, demotivati e ciò che facciamo e che siamo sembra perdere colore, tutto sembra sbiadire e il rischio è di pensare che per andare avanti si debbano rincorrere le novità, percorrere nuove strade o peggio fare qualche pazzia.
Occorre, al contrario, andare da Dio e chiedergli di aiutarci a vedere con occhi nuovi le solite cose di ogni giorno: la famiglia, il lavoro e gli impegni. Non smette di produrre frutti: a volte fatichiamo ad amare, ad ascoltare, a dialogare, ad accogliere, a pazientare, a collaborare, ci facciamo prendere dall’egoismo, da forme di chiusure, dalla pigrizia che rendono sterile la vita e allora occorre restare ogni giorno a contatto con la fonte dell’amore e questo è possibile con la preghiera che dovrebbe essere come un sederci in riva al fiume come nel dipinto da Mondrian, per lasciarci rinfrescare, per dissetarci e per contemplare in quelle acque quella luce, quei colori che ci ricordano che siamo molto di più, che abbiamo un’anima, che non siamo soli, che non siamo macchine, che la vita è sì dura sovente e noi spesso sbagliamo strada ma c’è sempre un Dio che ci accoglie, ci sostiene e ci aiuta a osservare la realtà con altri occhi.
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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea.
Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra.
E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.
Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.