Religio et Fides - 09 marzo 2025, 07:00

'Gesù inchiodato alla croce'- Martin Feuerstein (1856-1931)

“Lo libererò, perché a me si è legato, lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome. Mi invocherà e io gli darò risposta; nell’angoscia io sarò con lui, lo libererò e lo renderò glorioso”. Salmo 90

'Gesù inchiodato alla croce'- Martin Feuerstein (1856-1931)

Gesù è tentato nel deserto per quaranta giorni dal diavolo che lo mette alla prova. Vediamo le tre tentazioni che gli propone: salvarsi con le sue stesse mani trasformando le pietre in pani; costruirsi un potere fondato sul possedere e non sul donare; mostrare in modo eclatante la sua divinità per impressionare il mondo. Si tratta di tre inganni che riguardano anche noi, tre insidie con le quali il demonio ci illude di offrirci libertà e felicità e invece il suo scopo è quello di inchiodarci per renderci la vita un inferno. Ho pensato, per il tempo di quaresima, di evidenziare ogni domenica alcuni dei numerosi strumenti della Passione che ci possono aiutare a incamminarci verso la celebrazione della Pasqua.

Per questa prima domenica ci concentriamo sui tre chiodi usati per la crocifissione e vi invito a soffermarvi su un’opera del pittore tedesco Martin Feuerstein (1856-1931) intitolata Gesù inchiodato alla croce. Si tratta dell’undicesima stazione di una Via Crucis realizzata dall’artista e conservata presso la chiesa di sant’Anna a Monaco di Baviera dove vi è Cristo circondato da tre uomini: uno sta piantando il primo chiodo, un altro lo trattiene e un terzo controlla che tutto si svolga come previsto. Ci sono situazioni che ci inchiodano e che non ci rendono liberi e tantomeno felici e sono esattamente quelle evocate dalle tre tentazioni che affronta Gesù. La prima è quando ci illudiamo di salvarci da soli contando esclusivamente sui mezzi economici e materiali, sul progresso tecnologico e scientifico, sul fare e sulla ragione, tutti aspetti importanti ed utili che però non bastano perché noi siamo molto di più, possediamo un’anima che si nutre con la preghiera, l’arte e la bellezza.

Troppo spesso la nostra esistenza è inchiodata alla terra e perdiamo di vista che abbiamo un’anima, che siamo fatti per slanciarci verso Dio e verso l’assoluto. La seconda tentazione e il secondo chiodo è illuderci che il vero potere che ci salva sia pensare soltanto a noi stessi, nel trattenere tempo, beni, risorse mentre consiste nel donarci e nell’amare, Quante volte il nostro io ci inchioda costringendoci a una vita grigia, vuota, spenta e insoddisfatta. Mentre amare, uscire da noi stessi, dedicare tempo agli altri, spendere le proprie risorse per rendere migliore il pezzetto di mondo nel quale viviamo, rende il cuore libero e leggero. La terza tentazione e quindi il terzo chiodo è illuderci che se Dio esiste debba adeguarsi al nostro modo di pensare,  debba esporsi e venire allo scoperto per esaudire ciò che gli chiediamo ed evitarci qualsiasi tipo di ostacolo. Non a caso il diavolo dice a Gesù: “Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano; essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”.

A volte siamo inchiodati all’immagine di un Dio amuleto che preghiamo affinchè ci eviti ogni caduta, mentre la vera fede è coltivare con Lui un rapporto di amicizia credendo che il suo compito non è quello di evitarci i problemi ma di camminarci accanto per non farci sentire soli e per donarci quella forza per affrontare gli ostacoli. E’ esattamente quanto si legge nella prima lettura, tratta dal libro del Deuteronomio, dove Mosè invita il popolo a presentare la propria esistenza al Signore con fiducia, facendo memoria di ciò che Lui ha compiuto per il suo popolo nella fuga dall’Egitto e nel lungo cammino nel deserto. Israele non è giunto alla terra promessa in due minuti ma ha dovuto affrontare diverse peripezie e fatiche ma il Signore lo ha accompagnato, anche se sovente il popolo ha dubitato.

La fede è inchiodata quando vorremmo un Dio che ci leva gli ostacoli nell’immediato, che fa accadere le cose secondo i nostri calcoli, che sistema le situazioni come ci sembra giusto e invece spesso il suo modo di agire e di prendersi cura di noi passa per strade e tempistiche diverse. Le tre tentazioni come tre grossi chiodi ci inchiodano al mondo materiale, al nostro egoismo, auna falsa idea di Dio. Per questo, si tratta di schiodarci imparando a non confidare solo in noi stessi ma anche nel Signore come ci suggerisce di fare il Salmo 90: “Lo libererò, perché a me si è legato, lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome. Mi invocherà e io gli darò risposta; nell’angoscia io sarò con lui, lo libererò e lo renderò glorioso”.

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea.

Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra.

E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it

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