Religio et Fides - 27 aprile 2025, 07:00

'Vento dal mare', 1947 - Andrew Wyeth (1917- 2009)

'Vento dal mare', 1947 - Andrew Wyeth (1917- 2009)

Siamo alla seconda domenica del tempo pasquale, nella quale si celebra la Divina Misericordia cioè l’amore che Dio ha per l’umanità; festività istituita ufficialmente da san Giovanni Paolo II nel 1992 sulla scia delle numerose visioni che nei primi decenni del ‘900 ebbe la suora e santa Faustina Kowalska, durante le quali Gesù le rivelò il profondo desiderio di far conoscere al mondo intero la vastità della sua misericordia. Per questa ragione chiese alla donna di far dipingere un’immagine da diffondere e di far dedicare una festa nella prima domenica dopo Pasqua.

La misericordia è sempre stata al centro del pontificato di Papa Francesco, che non si è mai stancato di annunciare non solo a parole ma anche con i gesti che l’amore di Dio non ha confini ed è un dono che Egli offre ad ogni persona senza alcuna distinzione. Nel 'mare magnum' delle parole che ha pronunciato e scritto durante il suo ministero di Pontefice, prendo questa citazione tratta dalla seconda udienza generale che si tenne il 18 marzo 2020 all'inizio della pandemia: “La misericordia non è una dimensione fra le altre, ma è il centro della vita cristiana: non c’è cristianesimo senza misericordia: è l’aria da respirare. Tutti siamo in deficit nella vita e abbiamo bisogno della misericordia divina”.

L’amore di Dio è da sempre e per sempre, come ricordano le parole del Salmo 117, ma si è ancor più diffuso e sparso nell’aria della storia umana con la resurrezione di Cristo. Nel brano di Vangelo per ben due volte l’evangelista Giovanni tiene a precisare che i discepoli si trovavano in casa con le porte chiuse, avevano sì ricevuto l’annuncio della resurrezione dalle donne, alcuni di loro avevano visto il sepolcro vuoto, qualcuno diceva di averlo incontrato lungo la strada per Emmaus ma il loro cuore probabilmente era ancora chiuso nella titubanza e nel dubbio, albergava in essi la preoccupazione per quello che sarebbe stato il loro futuro: se ritornare a fare i pescatori, se avrebbero fatto la stessa fine del loro Maestro. Gesù irrompe in mezzo a loro e le prime parole che pronuncia sono: “Pace a voi!”.

Sovente a causa della complessità dell’esistenza perdiamo pace e serenità e ci ritroviamo nell’affanno, ci manca l’ossigeno e cosa facciamo? Ci chiudiamo! Quando ci viene a mancare l’aria solitamente apriamo le finestre, quando una persona ha problemi respiratori occorre darle l’ossigeno; lo stesso Papa Francesco a causa della polmonite ha dovuto essere sottoposto a questa terapia.

Vento dal mare (1947) è un dipinto dell’artista statunitense Andrew Wyeth (1917-2009), conosciuto nel suo paese come il 'pittore della gente' in quanto molto popolare tra il pubblico e anche perché tra i soggetti principali dei suoi quadri oltre che i paesaggi vi sono persone comuni. Nell’opera in questione si vede il vento che entra dalla finestra e che smuove le tende; con la resurrezione di Gesù davvero la misericordia di Dio si è diffusa ovunque senza alcun confine, è a portata di mano per tutti, occorre soltanto accoglierla respirandola a pieni polmoni. La pace che dona Gesù viene dal sapere che nella concretezza dell’esistenza, là dove viviamo, in ogni circostanza Lui ci raggiunge, ci sostiene, ci sospinge, ci rialza, ci perdona, ci guida.

Ogni persona ha bisogno di respirare all’incirca ventimila volte al giorno per immettere ossigeno nei polmoni; per reggere alla complessità e alle responsabilità della vita abbiamo bisogno ogni giorno di respirare l’ossigeno dell’amore di Dio, l’energia vitale che è scaturita dalla resurrezione di Cristo e che niente e nessuno può più trattenere. Spesso viviamo con l’affanno perché non sappiamo pregare ed affidarci a Dio pensando di poterci salvare da soli spesso rifugiandoci nei nostri calcoli e attaccandoci a elementi materiali e inconsistenti.

C’è ancora un particolare da evidenziare: Gesù donando la pace ai discepoli li invia poi ad annunciare la buona notizia del Vangelo. Scoprire ed esperimentare che Dio ama me e ogni persona senza alcuna distinzione deve far sì che, in quanto cristiani, ci impegniamo a costruire una Chiesa non asfittica, non chiusa, non preoccupata di sprangare porte e finestre bensì desiderosa di annunciare che l’ossigeno dell’amore e della misericordia di Dio è per tutti, è sufficiente respirarlo perché è già ovunque!

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta. Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte. Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea.

Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui. Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito. Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra.

E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore. Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.  

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it

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